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Il Faro incatenato (5^ puntata)

faro di Punta CavazziAnna e Mimmo erano rimasti in silenzio. Il bambino stava nel grembo della madre. Mentre piangeva l’aveva stretta con forza, tanto che sul braccio si era formato un piccolo segno rosso, ma, poco a poco, aveva mollato la presa.

Toto dormiva profondamente adesso. Una ciocca di capelli era caduta di traverso sulla fronte tagliandola obliquamente, tanto da dargli l’aspetto di un piccolo briccone. Ora il suo faccino era rilassato, le tracce di tensione sparite, le lacrime calde e saporose un ricordo evaporato; del trambusto e dello spavento non rimanevano che attimi sui quali qualcuno stava ancora meditando per riportarli a galla.

Nella stanza non si udiva che il suo respiro regolare, caldo. Un flebile lamento si era levato mentre lo stavano adagiando sul letto, poi più nulla. La mamma lo aveva avvolto in una coperta per farlo stare caldo e conciliare il riposo.

Faceva piccoli passi per non fare rumore e con un movimento lento aveva chiuso dietro di sé la porta.

Mannaggia a te, ma come ti è saltato in mente di raccontargli quella storia del gigante, io non lo so… Che assurdità! Sei impazzito? Hai visto come era teso? Ma ti sembra modo questo?

Ad Anna non era andato giù che il piccolo fosse ritornato a casa stravolto e fuori di sé. Non avrebbe voluto  vederlo in quello stato, impaurito e piangente, per una storiella inventata, per giunta.

Mi sembra di stare in una casa di pazzi! Perché lo hai fatto spaventare? Lui, poverino, non aveva visto l’ora di uscire con te. E tu, invece, che cosa hai fai? Lo porti in giro raccontandogli storie paurose… Ma va, va!

Come avrebbe voluto gridare, se solo avesse potuto! Le toccava parlare a bassa voce, misurando il tono, ascoltandosi in continuazione se non voleva svegliare Toto. Le parole erano profondi aliti sparati a raffica in direzione del marito, ma che frustrazione!

Mimmo la guardava muto, tra il serio e il divertito, il volto senza espressione; sentiva le parole della moglie colpirlo come pioggia insistente, quella sottile che sembra niente, ma inzuppa fino a dentro. Fissava i suoi occhi ardenti che lo stavano inchiodando, ma non si sentiva troppo a disagio.

Tante volte avevano litigato, ma che strano sentirsi riprendere a bassa voce. Le parole sembravano una calamita, lo attiravano; si sforzava di cogliere ogni sfumatura perché non era facile percepire tutto, anche se il senso era chiaro, anzi, di più. Eppure in cuor suo avrebbe voluto sbellicarsi dalle risate, rimarcando il senso di ridicolo della situazione.

Anna ci sarebbe rimasta malissimo e non aveva proprio voglia di far degenerare lo sfogo di lei in una lite senza senso.

E pensava: “Guai a toccare il figlio a mamma sua! Anna mia, hai ragione a dire queste cose, fermati un attimo, però, io…”

In quel momento i suoi occhi verdi, che continuavano a fissare Mimmo, indugiarono con forza su di lui, mentre la sua voce ansimante tacque all’improvviso, quasi che il pensiero del marito si fosse staccato dalla testa per fare da argine alla piena, riuscendo nell’intento di farla zittire.

Da inespressivo, lo sguardo divenne conciliante, nessun senso di contrarietà fece capolino dai muscoli della faccia, che, comunque, non erano certo rilassati, nello sforzo di apparire sereno di fronte a lei.

Mimmo ora sorrideva, ma non rideva. Era una resa.

Solo qualche attimo prima avrebbe voluto aprirsi ad una risata irriverente, e invece no. L’arco inferiore delle labbra ripiegava verso il basso, rifugiandosi in un sorriso che avrebbe fatto pensare ad un ebete… Non c’era alcun timore attorno alla sua bocca, gli occhi si illuminavano di comprensione e il capo ora annuiva.

Sono stato un idiota! Non pensavo che Toto reagisse in quella maniera…”

Anna stava per ribattere qualcosa, ma il braccio di Mimmo, parato in avanti con la mano aperta, ebbe l’effetto di farla desistere.

Scusami, ma devo parlare, pure io. Vorrei dirti una cosa. Intanto, che mi dispiace. Lungo la strada stavamo giocando, scherzavamo. Toto è un curioso, fa un sacco di domande. Poi scappa da una parte all’altra della strada, lo sai, no? Ora guarda una pianta; dopo una pietra. Si sposta e corre dietro una farfalla. Ne fa di cose un bambino! Una trottola! Io appresso a lui. E’ un bravo bambino, ma si muove assai, mamma mia, ci ha gli spiriti! Per stargli dietro…

Pensa, si era arrampicato su un muretto, da lì era saltato per andare verso una collinetta, ma con il piede aveva spostato una pietra e mi sono spostato in tempo; me la sono trovata sui piedi. E’ stata una fortuna che non mi è caduta in testa sennò a ‘st’ora…

Salvio Foglia

Continua…

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