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La sfida che sarà lanciata a Ustica con il “Salotto letterario” a cura di Salvatore Ferlita.


Un luogo fisico e non virtuale di riunione, nell’era dei social, della connessione fulminea, per dibattere o conversare su argomenti legati alla cultura letteraria: è la sfida che sarà lanciata a Ustica con il “Salotto letterario” a cura di Salvatore Ferlita. Uno spazio reale, al di fuori di blog e chat, dove intrattenere piacevolmente affrontando temi letterari particolari, parlando di romanzi e di autori contemporanei.

“Sì, è vero: oggi il confronto, la discussione prendono corpo attraverso i social, canali di diffusione e strumenti di conoscenza. Sembra che tutto debba passare di lì, però quanto si perde del contatto umano, del confronto diretto… L’idea è quella di ricreare le condizioni oggettive grazie alle quali la sera ci si può ritrovare insieme per affrontare un aspetto magari meno noto o che incuriosisce molto, legato alla letteratura. Per sfatare luoghi comuni, per riscoprire autori e opere finiti nel dimenticatoio”.

A proposito di autori da riscoprire, tra gli scrittori di cui si parlerà nel corso delle serate ci sono Maria Messina e Angelo Petyx, entrambi siciliani. Chi furono costoro, tanto per parafrasare don Abbondio?

“Maria Messina è una delle più grandi scrittrici del primo Novecento, ammirata da Borgese e da Sciascia, il quale provò a tirarla fuori dall’oblio ristampando con Sellerio diversi suoi titoli. Al centro dei suoi racconti e dei suoi romanzi troviamo la figura e il ruolo della donna, da lei indagati con occhio attento e partecipe. Una donna, nella Sicilia di quel tempo, “sequestrata”, schiacciata spesso da una cultura maschilista e intransigente. Angelo Petyx, anch’egli scrittore oggi poco ricordato, esordì con il romanzo La miniera occupata, che piacque a Italo Calvino a tal punto da proporlo alla casa editrice Einaudi. In realtà poi il volume uscì per i tipi della Mondadori, grazie al parere favorevole di Elio Vittorini. L’occasione per riaprire il discorso su questi due autori è offerta dalla ristampa dei romanzi Un fiore che non fiorì della Messina e Le notti insonni di Liillà di Petyx, ancora attualissimi, perfettamente in grado di far appassionare i lettori”.

Uno degli incontri previsti sarà dedicato interamente agli autori siciliani dimenticati del Novecento: quasi un capitolo ancora da scrivere della nostra storia letteraria, è così?

“Sono d’accordo: a petto del drappello di autori ormai noti, i soliti, che hanno fatto grande il Novecento italiano ed europeo, vi è un esercito di scrittori dimenticati (Antonio Russello, Franco Enna, Salvatore Fiume, Elisa Trapani, Ugo Attardi, Livia De Stefani, Romualdo Romano, Nino Di Maria, Paolo Giudici, Fortunato Pasqualino, Jerre Mangione, per tacere di altri), misconosciuti, che attendono di essere riscoperti. Si tratta di romanzieri che hanno pubblicato con le grandi case editrici, recensiti da critici illustri, caduti però a un certo punto in disgrazia, risucchiati dall’oblio. Recuperarne memoria significa ricomporre il puzzle della letteratura italiana del secolo scorso e interrogarsi sulle ragioni del successo e dell’insuccesso”.

Ci sarà spazio pure per la letteratura contemporanea: infatti, uno dei romanzi di cui si parlerà è Suttaterra, del giovane scrittore siciliano Orazio Labbate, molto recensito e particolarmente lodato.

“Orazio Labbate, classe 1985, è davvero uno autore sorprendente: questo suo secondo romanzo conferma in pieno le doti stilistiche, la visionarietà del suo sguardo, il rapporto con l’imperiosa tradizione isolana che va da Stefano D’Arrigo a Vincenzo Consolo. Il suo immaginario è popolato da epifanie gotiche che egli immerge nel magma siciliano, provocando continui e spiazzanti cortocircuiti. Il protagonista della sua nuova storia si chiama Giuseppe Buscemi, di mestiere becchino, figlio di un predicatore emigrato in giovane età dalla Sicilia nel West Virginia, che ritorna nella sua Isola dopo avere ricevuto una lettera da parte della moglie, che però è morta un anno prima”.

Tra gli autori presi in considerazione, il grande Carlo Collodi, l’inventore di Pinocchio e Giambattista Basile, meno conosciuto però. Perché proprio loro?

Pinocchio perché è il romanzo più equivocato della nostra storia letteraria, ridotto ad avventura piacevole e pedagogica: la scuola ha giocato un ruolo nefasto, ripulendo il libro di tutti gli aspetti inquietanti, perturbanti, e restituendoci una storia edificante e sdolcinata. Sono state tante le menzogne messe in circolazione su Pinocchio, Walt Disney col suo cartone ha avuto un ruolo di non poco conto. Basile invece è il più grande scrittore del Seicento, autore del Pentamerone: è lui l’inventore di Cenerentola, la Bella addormentata, Raperonzolo. A scuola non viene quasi mai studiato, i professori in gran parte ne ignorano l’esistenza. E dire che è stato Basile a influenzare i fratelli Grimm”.

Si discorrerà pure di editoria, casi letterari, cantonate: visto che siamo in Sicilia viene subito in mente Il Gattopardo

“È il primo titolo che solitamente cito ogni qual volta provo a illustrare la storia dell’editoria del Novecento, fatta di equivoci, incomprensioni, sviste, vendette trasversali. Il capolavoro di Tomasi di Lampedusa fu rifiutato da Elio Vittorini, che lo lesse alla stregua di un frutto tardivo del decadentismo. Grazie a Elena Croce, la figlia di don Benedetto, e a Giorgio Bassani, il romanzo del principe siciliano avrebbe visto la luce per i tipi di Feltrinelli, riscontrando un successo gigantesco. Oggi è tra i romanzi più letti, tradotti e studiati di tutto il secolo scorso. Ad affascinare però non è solo la storia del protagonista del Gattopardo, il contesto storico rievocato, cioè l’Unità d’Italia e i Mille, ma anche la vicenda umana di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, il quale visse accarezzando l’idea di diventare un grande scrittore e invece, ironia della sorte, morì prima che la sua opera vedesse la luce. Solo e abbandonato da tutti”.

 

 

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