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L’Isola di plastica, intervista a Petra Licciardi di Franco Foresta Martin


 

Isola di plasticaAlla fine di dicembre scorso, durante un mio breve soggiorno a Ustica, ho ricevuto la richiesta di una visita guidata al Museo geovulcanologico della Falconiera: era una giovane mamma col suo piccolo bimbo, figlia di usticesi ma residente da anni in Germania, Petra Licciardi. Oltre ad apprezzare il vivo interesse di Petra per l’ambiente e la storia dell’isola, ho potuto apprendere in anteprima il suo desiderio di realizzare un progetto di sensibilizzazione ambientale. Sulla scia di quanto ha fatto Legambiente con una campagna nazionale denominata “beach litter” (come dire: rifiuti spiaggiati) Petra voleva lanciare a Ustica un’iniziativa per la riduzione dei rifiuti in plastica che si accumulano, soprattutto, nelle zone costiere. Dopo la mia partenza da Ustica e dopo la lunga parentesi delle vacanze fra Natale e Capodanno, ho appreso con soddisfazione che Petra, nel frattempo, aveva realizzato il suo progetto in un modo creativo e originale: utilizzando i rifiuti in plastica per una composizione artistica che raffigura Ustica: l’isola di plastica. Con questa intervista, che ho raccolto per telefono, voglio dare l’opportunità a Petra di raccontare direttamente il significato e le finalità della sua iniziativa.

-Come ti è venuta l’idea di realizzare l’isola di plastica?Isola di plastica 1

“Fin dal primo giorno della mia permanenza nell’isola di Ustica per un lungo periodo di vacanze, ho notato con meraviglia la grande quantità di rifiuti portati dal mare sulla riva e l’uso spropositato della plastica. Allora mi è venuta un’idea: chiedere alle persone che andavo incontrando se erano interessate a partecipare ad un progetto eco-informativo: innanzitutto ripulire la spiaggia del porticciolo di Cala S. Maria dai rifiuti, per poi realizzare una specie di monumento raffigurante l’isola con i materiali raccolti”.

-Sei riuscita a coinvolgere molte persone?

“L’amica Rosy, che già l’anno scorso aveva organizzato un evento contro l’omofobia, mi ha messo in contatto con il direttore dell’Area Marina Protetta e con il sindaco, i quali ci hanno messo a disposizione due locali comunali: la sala del “Settebello” ed il Centro accoglienza dell’AMP, rispettivamente per l’assemblaggio dei materiali e la costruzione dell’esposizione. Nel frattempo, altri giovani si sono aggregati al progetto, tra cui Martina, che gestisce il ristorante a “chilometro zero” Carruba, la sorella Maria Clara ed il suo ragazzo, tutti molto sensibili al problema dell’inquinamento portato dal consumismo e alle sue conseguenze nefaste. Insomma ho potuto constatare che molti ci hanno dato una mano nella fase realizzativa della nostra installazione e tutti sono stati molto gentili e disponibili”.

-Spiega in che cosa consiste questo originalissimo monumento fatto con gli scarti.

“Alla fine noi stessi siamo rimasti sorpresi dal risultato: è una rappresentazione dell’isola molto originale, una specie di collage tridimensionale fatto interamente con plastica e altri materiali di scarto. Io in particolare ci tenevo molto che fosse rappresentato il bellissimo Cimitero di Ustica dove, accanto alle tombe dei residenti cristiani, furono realizzate le sepolture in stile arabo destinate alle decine di prigionieri libici relegati a Ustica ai primi del ‘900 e poi morti per un’epidemia. Questa dei due cimiteri affiancati, ai miei occhi, è una dimostrazione della possibile convivenza tra religioni, un esempio da additare al mondo intero, anche alla luce degli avvenimenti recenti”.

-Qual era la tipologia dei materiali-rifuto raccolti?

“Gli stessi isolani erano sorpresi non solo dall’esposizione complessiva, ma dai singoli oggetti che la componevano: soprattutto bottiglie, bombolette e contenitori di ogni tipo; e poi qualche stranezza come vecchie schede telefoniche, vecchi souvenir della Grotta Azzurra, cordami e candele di automobili! Più o meno abbiamo riscontrato le stesse percentuali di plastica indicate da Legambiente nella recente campagna nazionale “beach litter” e cioè l’80% di quanto raccolto in spiaggia era plastica. Una percentuale elevatissima rispetto a quella di altri Paesi. Comunque é stato bello vedere l’impegno e il divertimento dei giovani dell’isola nel ricreare posti a loro così familiari con oggetti assolutamente stravaganti!”

-A parte il divertimento, quale utilità pensi che abbia avuto la tua iniziativa?

“Spero che la nostra installazione abbia indotto a riflettere sugli enormi danni provocati alla Natura dall’uso eccessivo della plastica e dal suo incontrollato spargimento. E mi auguro che la nostra iniziativa non finisca con la semplice esposizione, ma solleciti la gente e soprattutto i giovani, in qualsiasi parte del mondo essi siano, ad informarsi sui danni provocati da uno sviluppo che non ha rispetto della Natura e che compromette la vita della terra e del mare”.

-Non resta che augurarci che l’isola di plastica contribuisca a un cambiamento nella produzione e nella gestione di questi rifiuti.

“Sono convinta, nonostante la scarsa sensibilità politica per questi problemi, che un cambiamento è possibile; e che se esso non parte da chi è al potere, potrà venire dai singoli individui che non cedono alla rassegnazione e che hanno la forza di aggregarsi insieme per sollecitarlo. Non è un’utopia: io ci credo e ci credono anche coloro che mi hanno aiutata, senza i quali il progetto sarebbe rimasto irrealizzato. Grazie a tutti”.

Nelle foto: l’installazione “isola di plastica” realizzata con i rifiuti spiaggiati e l’autrice Petra Licciardi.

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