Ustica sape

Proposte di modifica al DM 21.09.11 ed il progetto “Pesca regionalizzata”


[ id=12542 w=320 h=240 float=left]Comune di Isola delle Femmine (Palermo, Italy) Sindaco Gaspare Portobello
Comune di Santa Flavia (Palermo, Italy). Sindaco Antonio Napoli
Comune di Termini Imerese (Palermo,Italy). Sindaco Salvatore Burrafato
Comune di Ustica (Palermo, Italy) . sindaco Aldo Messina
Movimento Onda Anomala ( Movimento di Pescatori, Porticello- Santa Flavia, Palermo, Italy). Resp Francesco Zizzo
Associazione Donne per la pesca (Porticello Santa Flavia, Palermo, Italy), resp. Angela Rita Storniolo
Cooperativa Pescatori Lipari-Isole Eolie.Giuseppe Spinella

ANAPI PESCA

Ustica 14.05.12 Prot n. 1704

Ministero Politiche Agricole Sig On. Sig Ministro dr Mario Catania

Ministero Politiche Agricole Sig direttore generale Pesca Dr Saverio Abate

Ministero politiche agricole Sig Consigliere On. Sig Ministro Prof Stefano Cataudella

E p.c. S:E: Sig Prefetto di Palermo Dr Umberto Postiglione

Regione siciliana On Sig Presidente Regione siciliana On Raffaele Lombardo

On Sig Assessore Regionale Pesca On Elio D’Antrassi

On Sig presidente Terza commissione legislativa ARS On Salvino Caputo

Assessorato regionale politiche agricole Dr Rosaria Barresi

OGGETTO: Proposte di modifica al DM 21.09.11 ed il progetto “Pesca regionalizzata”.

Siamo gli involontari protagonisti del libro di George Orwell “1984” nel quale lo scrittore inglese, agli inizi del secolo, prevedeva che il nostro pianete sarebbe stato presto abitato da uomini impossibilitati a vivere diversamente da quello che proponeva “ il grande fratello” . Un mondo tutto uguale.

Viaggiamo per l’Europa e comprendiamo che non ha senso comprare nulla semplicemente perché qualsiasi città europea propone gli stessi prodotti. Mangiamo del pesce ed osserviamo che i nostri commensali hanno sul piatto talvolta orate perfettamente tra loro, identiche per peso perché prodotte in allevamento. Si dice che il pesce spada non abbia più il sapore di una volta. Il fatto che è non è pesce spada e se lo è chissà da qual località proviene e quando è stato pescato. Non ha più le squame color argento, quelle che lasciano parte del loro colore sul marmo del pescivendolo.

Scelte politiche, spesso non condivisibili, frutto di sillogismi superficiali e mai scientificamente dimostrati, hanno già portato a morte la piccola agricoltura locale, stanno distruggendo il piccolo artigianato e presto faranno morire la piccola pesca.

E, nel volere salvare il salvabile, è su quest’ultima che vorrei soffermarmi.

Due preconcetti mai dimostrati rischiano di distruggere la piccola marineria, oggi preoccupata per il fallimento di tutte le trattative(nonostante il lodevole impegno dell’attuale Sig ministro, Mario Catania) volte a mitigare le conseguenze del DM 21.09.2011(GURI n. 233 del 24.09.11) che ha ridotto le maglie delle reti da 18 a 10 cm., ha imposto l’utilizzo delle nuove reti a tre miglia dalla costa e proibito la cattura di alcune specie pescabili. Il decreto ha paralizzato l’ attività dei piccoli pescatori. La crisi del settore ittico inoltre non coinvolgerà solo gli operatori del settore ma tutta l’intera economia degli indotti locali(ristoranti, albergatori).La conseguenza sarà in questo caso sempre quella prevista nel volume di Orwell: mangeremo tutti hamburger, ovviamente di uguale peso e dimensione.

Sarebbe un disastro per un’economia, quale quella delle piccole comunità, specie isolane, già minacciate dal crollo del turismo causato sia dalla crisi economica che dallo scempio di alcuni territori costieri.

Non dobbiamo meravigliarci pertanto se i cittadini siciliani, dopo essere stati mortificati come agricoltori, come pescatori, come operatori turistici e come obiettivo di piani industriali poco lungimiranti, cerchino lavoro nel pubblico impiego. La Corte dei Conti ci ha già “bacchettato” per i circa 30.000 dipendenti regionali della Sicilia contro i 16.000 della regione Lombardia.

Desideriamo mettere sotto accusa l’applicazione del regolamento CE “Mediterraneo” n° 1967/2006 e la scadenza delle deroghe in esso contenute, al 31 maggio 2010 relativamente alla “distanza dalla costa – maglie minime – taglie minime e pesche speciali (vedi bianchetto su tutte)”, che non tengono in alcun conto le caratteristica e le tradizioni della Pesca Costiera Italiana;

Puntiamo il dito accusatorio sull’applicazione del Regolamento CE sui controlli n° 1224/2009 con il Regolamento CE 404/2011 a partire dal 1 gennaio 2012 su :- “Licenza a punti – marcatura degli attrezzi da pesca – installazione di apparati di controllo Blue Box e dell’obbligo del giornale elettronico di bordo alle unità da pesca di L.F.T. lunghezza fuori tutto, comprese tra metri 12 e 15- che tiene in poco conto la cultura e la tradizione delle imbarcazioni gestite da imprese a carattere familiare;;

Improponibile nella piccola realtà locale la fallimentare riduzione annuale delle quote tonno tac con esclusione di molti nostri Palangari dalle quote che ha creato un ulteriore disagio socio economico alla piccola flotta da pesca, nonostante nessuno studio dimostri un effettivo depauperamento delle risorse ;

Palese il danno culturale determinato dalle ultime vicende legate alla Ferrettara – piccola rete derivante – che hanno prodotto il decreto 1 luglio 2011 – per ben due volte sospeso dal TAR Lazio su impugnativa dei pescatori – ed il decreto 21 settembre 2011 – anch’esso impugnato dai pescatori poiché illogico e soprattutto penalizzante esclusivamente delle marinerie del Mezzogiorno.

Si potrebbe affermare che l’azione preventiva sui danni da pesca sia la giusta conseguenza dell’applicazione del “principio di precauzione” contenuto nell’art 15 della Dichiarazione di Rio (Conferenza sull’Ambiente e lo Sviluppo delle Nazioni Unite di Rio de Janeiro del 1992, a cui parteciparono più di centottanta delegazioni governative da tutto il mondo, venne ratificata .Una serie di principi non impegnativi riguardanti le responsabilità ed i diritti degli Stati, per cercare di mettere insieme le esigenze dello sviluppo con quelle della salvaguardia ambientale. Il concetto sappiamo essere ribadito nel Trattato di Maastricht che ha introdotto il principio di precauzione (poi ripreso dalla Costituzione Europea art. III-233) attualmente enunciato all’art. 191 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, nel quale si sostiene che la politica dell’Unione in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela ed «è fondata sui principi della precauzione e dell’azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente e sul principio “chi inquina paga”».

Di per sé il suddetto principio precauzionale non è affatto innovativo, essendo conseguenza della massima “prevenire e meglio che curare” o ancor di più della locuzione latina “primum non nocere” che non a caso viene considerato appunto un brocardo.

Va detto però che l’applicazione del principio di precauzione richiede tre elementi chiave:

• l’identificazione dei potenziali rischi

• una valutazione scientifica, realizzata in modo rigoroso e completo sulla base di tutti i dati esistenti

• la mancanza di una certezza scientifica che permetta di escludere ragionevolmente la presenza dei rischi identificati

Relativamente al primo punto a nostro avviso l’identificazione dei potenziali rischi sul paventato danno alle specie ittiche andrebbe indirizzato:

– all’aumento del traffico marittimo ed al conseguente inquinamento non solo chimico ma anche acustico dei mari

– all’aumento dell’inquinamento luminoso che si sa disturbare i grandi pesci pelagici

– all’alterazione della salinità marina causata dall’eccesso di acque reflue

– all’aumento della temperatura ed ai fenomeni di eutrofizzazione

– alla distruzione ed al sovraffollamento delle coste che impediscono alle tartarughe di nidificare.

Per quanto concerne il secondo punto non vi sono studi scientifici che studino il fenomeno sulla base dei dati esistenti. Come vedremo in seguito, pur con le perplessità che sappiamo una siffatta ricerca determina nei funzionari, insistiamo nel proporne una.

Infine il terzo punto non appare affatto esaurito dalla decisione europea poiché di altri rischi identificati ve ne sono, come detto, più d’uno. Per assurdo le normative europee tendo a colpevolizzare le piccole marinerie tradizionali locali ed a favorire la pesca industriale. Il danno pertanto non è solo di tipo economico ma anche culturale. Eppure è la stessa normativa europea che, come sancito dalla sentenza di Lisbona, nell’ottica dell’integrazione tra etnie e popoli, invita a non snaturare le persone che non fanno parte della nostra cultura delle proprie tradizioni, abitudini, connotazione culturale.

Si propone pertanto,pur senza una prova scientifica, un’azione preventiva che determina solo squilibri economici e distruzione delle identità locali. Ma d’altronde sempre George Orwell, nel summenzionato testo, aveva previsto che presto l’uomo avrebbe previsto nel proprio codice“ lo psicoreato”!

Proposte

Si propone una nuova politica della pesca basata sulla gestione della nostra territorialità e sulla consultazione delle Regioni in materia(regionalizzazione) con istituzioni a livello locale di organi di consultazione dei quali facciano parte anche sia i pescatori che le associazioni ambientaliste.

Il DPR 12.11.975 n.913 “Norme di attuazione dello Statuto della Regione Siciliana in materia di Pesca Mediterranea” fissa la competenza della Regione nell’ambito delle 12 miglia. Dello stesso avviso sembra essere la Commissione Europea in data 13.07.11 Comunicazione 417 ha proposto agli Stati membri di adottare misure specifiche per le marinerie locali consentendo norme adeguate alle singole realtà “definendo misure di conservazione e gestione delle risorse entro le 12 miglia del proprio territorio”.

Infine il regolamento Comunitario n. 1967/2006 del 21.12.2006 prevede che” una parte della fascia costiera vada riservata agli attrezzi selettivi per la pesca artigianale..al fine di favorire la sostenibilità sociale della pesca del mediterraneo” e “ date le caratteristiche specifiche di molti tipi di pesca nel Mediterraneo ..è opportuno disporre la creazione di piani di gestione comunitari e nazionali” .

Queste premesse ci inducono a ritenere possibile che la Comunità Economica europea possa autorizzare realtà locali, i Comuni, specialmente se Enti Gestori di un’Area Marina Protetta, nei limiti delle proprie competenze territoriali(12 miglia), ad effettuare una ricerca scientifica su specie da pescare e tipologia di attrezzo da utilizzare che abbia il fine di garantire la sostenibilità ambientale di quello specifico territorio, autorizzando, di converso, i pescatori locali di vendere il prodotto pescato a fini di ricerca per compensarli del lavoro svolto.

Questa esperienza sarebbe rivolta sia alla salvaguardia ambientale (i pescatori protagonisti del controllo di un’Area Protetta) che dell’identità locale. L’esperienza avrebbe il fine di conoscer meglio la realtà tecnica e tradizionale delle ferrettare, i ruoli stagionali, i reali impatti su specie in pericolo. Finanziare studi volti alla conoscenza dei potenziali diritti tradizionali acquisiti nei secoli dalle popolazioni locali e formare un gruppo presso il Ministero al fine sia di conoscere le pesche tradizionali.

Quanto proposto risulta peraltro previsto dal regolamento di esecuzione n. 404 72011(“Autorizzazioni di pesca”) sarebbe utile a raggiungere diversi obiettivi.

– Rispetto e valorizzazione di piccole realtà di cultura ed identità locale

– Valorizzazione dell’esperienza di Gestione di un ‘area Marina Protetta che possa fungere da volano affinchè altri territori seguano la stessa esperienza.

– Partecipazione dei cittadini alla valorizzazione e protezione del territorio con conseguente difesa dello stesso da parte degli abitanti.

– Studio della sostenibilità ambientale del pescato in un territorio guida

– Possibilità di estendere l’esperienza ad altri territori

– recupero di un settore produttivo, quale quello della piccola pesca locale , in crisi

Ustica, prima AMP d’Italia è stata volano della scelta ambientalista delle coste italiane che oggi contano circa settanta territori protetti. Con questo progetto si propone oggi come volano per studi di sostenibilità ambientale del mare

– Si propone infine il monitoraggio e la regolamentazione trasparente sia delle licenze che dello sforzo di pesca locale che riduce le pratiche illegali

Una pesca illegale non identificata da una precisa normativa che la rende incontrollabile e difficilmente perseguibile la cui pratica, indisturbata per i pescatori di frodo, viene invece addebitata solo a chi pratica la pesca professionale, perché identificabile, creando discredito alla categoria.

Si chiede inoltre il recupero almeno di una parte delle quote tonno, anche aumentando la quota indivisa dello Stato per catture accidentali.

In via transitoria, almeno per quest’anno, si chiede di rinviare l’applicazione del DM 21.09.2011.

Il delegato
Sindaco di Ustica
Dr Aldo Messina

 

 

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