Inviata da Piero Pomilia
Al Museo archeologico di Ustica, per ricordare i 40 anni dall’inizio delle ricerche archeologiche nell’Isola, la direttrice del museo archeologico “Antonio Salinas” di Palermo, Francesca Spatafora, ha consegnato alcuni importanti reperti d’epoca ellenistica, rinvenuti nel 1980 all’interno di un pozzo votivo posto sul versante settentrionale della Falconiera. L’iniziativa è stata organizzata dal Comune e dal Centro Studi e Documentazione di Ustica.
Per l’occasione è stato invitato il Sig. Giovanni Mannino che, sin dall’inizio, ha seguito e diretto gli scavi con Padre Carmelo Seminare
Tornano nell’isola di Ustica alcuni reperti archeologici ritrovati 34 anni fa all’interno di un “pozzo votivo” sul promontorio della Falconiera. Il sito era un centro abitato di età ellenistica e romana. Il pozzo (un bothros) conteneva materiale votivo tra cui unguentari e vasi miniaturistici. Era collegato con il percorso accidentato che, snodandosi per circa 500 metri, presenta numerose piccole nicchie scavate lungo la parete rocciosa. Si connota probabilmente come una “via sacra” sugli scoscesi pendii della Rocca.
I reperti erano custoditi dal museo archeologico Antonio Salinas di Palermo. La direttrice Francesca Spatafora li restituirà domani al museo di Ustica. Tra i pezzi più importanti un guttus (vaso poppatoio) a vernice nera configurato a scarpa decorato con volto umano a rilievo e con iscrizione sul fondo, un vaso a vernice nera zoomorfo, un vaso configurato a figura umana accovacciata su animale e un vaso plastico a testa umana.
Si tratta di materiale che risale al periodo tra il III e il I secolo a. C.
Fonte ANSA.
L’unica colpa attribuibile alla Dott.ssa Croce è quella di aver citato soltanto la campagna di scavi condotta dall’Università di Broun (U.S.A.). In effetti già molti anni prima grazie all’attività svolta dall’indimenticabile Padre Carmelo, vero scopritore del villaggio preistorico, varie campagne di scavo erano state effettuate e seguite prima,con professionalità e dedizione, dal Sig. Giovanni Mannino, al quale va tutta la riconoscenza di noi isolani per l’attività da lui svolta e successivamente diretti e seguiti con competenza e amore dalla Dott.ssa Francesca Spatafora, il cui attaccamento per l’Isola non è certamente da mettere in discussione essendosi sempre prodigata per la valorizzazione dei beni archeologici presenti nell’isola. Si deve a lei, tra l’altro, l’allestimento del museo dedicato a Padre Carmelo realizzato nei locali denominati ex “Fosso”, recentemente restaurati, grazie ai PIT messi a segno dall’amministrazione comunale. Ha anche messo su casa sull’isola.
Intollerabili però alcune affermazioni di Giovanni Mannino allorché definisce “Nefasta l’iniziativa del comune” di mettere in sicurezza la scarpata molto ripida dei Faraglioni che sottoposta all’azione erosiva del mare era soggetta a continue frane rendendo pericolosa anche la navigazione, tanto è che era stata emessa un ordinanza da parte della Capitaneria di Porto con la quale veniva interdetta la navigazione nel tratto di costa sottostante. La stradella soprastante la falesia, si era resa necessaria chiuderla al traffico pedonale e veicolare per il continuo pericolo di smottamenti e frane. La messa in sicurezza di tale costa rocciosa, altro che nefasta, è anche servita a salvaguardare parte del villaggio stesso in quanto come certamente non sarà sfuggito al sig. Mannino dell’esistenza di capanne fin sul ciglio della scarpata. Con l’esecuzione dei lavori, che è un fiore all’occhiello degli organi comunali, nessun danno, come da lui affermato, è stato arrecato al villaggio in quanto i lavori di chiodatura sono stati effettuati con ponteggi montati nella sottostante scogliera e non hanno minimamente interessato il sito soprastante, lavori tra l’altro concordati con il soprintendente pro-tempore Dott.ssa Carmela Di Stefano che ha sempre partecipato, unitamente ad altri funzionari tecnici della Soprintendenza, alle riunioni tenutesi presso il competente Assessorato.
Altra imprecisione è quella che è stato smantellato il più antico insediamento neolitico presente nella zona spalmatore. I resti di tale villaggio nessuno li ha toccati. Essendo in buona parte fuori terra sono ben visibili unitamente all’assetto urbanistico dell’agglomerato. Il sito di tale insediamento appartiene a privati e certamente sarebbe opportuno acquisirlo al patrimonio demaniale corrispondendo, però, un adeguato ristoro ai proprietari dei terreni interessati e non come avvenuto per le espropriazioni inerenti al villaggio dei faraglioni che a tutt’oggi i proprietari dei terreni attendono di essere risarciti.
Ci si auspica che tutta la polemica sorta serva almeno a far si che qualcuno intervenga a dare soluzione a quanto ben rappresentato dalla Dott.ssa Croce.
Salvatore Compagno