Ustica sape

INVASIONE DI COLOMBACCI E CONIGLI, STRAGE DI SEMI E RACCOLTI A USTICA


COLDIRETTI SICILIA: PERSO FINO AL 100% DELLE PRODUZIONI, TERRITORI A RISCHIO
Ad Ustica l’agricoltura rischia di scomparire a causa dei colombacci e dei conigli che mangiano sia i semi sia i pochi raccolti che riescono a salvarsi dopo il loro passaggio con perdite che raggiungono il 100%, di fatto vanificando un intero anno di lavoro.
È l’allarme di Coldiretti Sicilia che chiede un intervento immediato di tutte le istituzioni preposte per una soluzione che permetta agli agricoltori di continuare a vivere del loro lavoro. Ad Ustica – afferma Coldiretti Sicilia – si produce la famosa la famosa lenticchia, grano, ortaggi ma già in molti hanno abbandonato i terreni perché i ricavi sono annullati.
Il rischio – prosegue Coldiretti Sicilia – è che l’isola si spopoli perchè nonostante gli investimenti non è possibile andare avanti con una fauna che prolifera in maniera vertiginosa. Non è la prima volta che si chiedono interventi – sottolinea ancora Coldiretti Sicilia – ma di fatto non ci sono state soluzioni adeguate.
L’Ispra e il corpo forestale in passato hanno già fatto dei sopralluoghi a cui non è seguito nulla – conclude Coldiretti Sicilia – ed è davvero paradossale che si trascuri una realtà produttiva così importante.

Comunicato stampa : Invasioni digitali Museo archeologico di Ustica


 

il 1 MAGGIO 2015 alle ore 19 vi invitiamo ad “invadere” il museo archeologico armati di smartphone, tablet, videocamere, fotocamere & Co. per condividere sui social network le immagini – ma soprattutto le emozioni che il museo, la storia antica ci possono trasmettere. Tutti i partecipanti potranno realizzare i loro contenuti utilizzando i tag ‪#‎invasionidigitali #siciliainvasa2015 Tutti i contenuti realizzati saranno aggregati su www.invasionidigitali.it.

Tutti i visitatori/invasori muniti di smartphone, macchine fotografiche e tablet entreranno gratuitamente al museo. è prevista una visita guidata.

Museo_Archeologico (3)

Ustica: Invasione di velette e grande pescate con la canna dagli scogli di occhiate e boghe.


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Osservazioni naturalistiche usticesi


[ id=22288 w=320 h=240 float=left] LA PACIFICA E INNOCUA INVASIONE DEI “RAGNETTI ROSSI”

di Franco Foresta Martin

Che il Sole avesse avuto la meglio sulle nubi scure e piovigginose e l’aria fosse finalmente diventata tiepida, non me n’ero accorto solo io. Appena uscii fuori sul terrazzo, a godermi il tepore seduto sul bisolo della mia casa a Piano dei Cardoni, ebbi la vaga sensazione di essere in compagnia. Ma, tutto attorno, non c’era anima viva.

Dieci antimeridiane, primavera instabile, casa freddina nonostante la stufetta accesa, sensazione di umido in tutte le membra, campagna deserta e silente per l’abbondante pioggia mattutina. “E’ ora di ricaricarsi come una batteria attaccata a un pannello fotovoltaico!”, rimuginai offrendo il volto ai raggi del Sole. E in quello stesso istante, con la coda dell’occhio, vidi un brulicare rutilante accanto alle mani che avevo distese sulle mattonelle, nella speranza di sottrarre un po’ del calore che esse avevano accumulato.

Incuriosito, sbirciai più da vicino: centinaia di ragnetti rossi, non più grandi di un millimetro, sciamavano in ogni direzione, fino a lambirmi. Mi alzai di scatto temendo, non saprei cosa di più: il contatto fisico con quelle bestioline oppure di averne fatto una strage involontaria. Per loro fortuna, la mia lievità le aveva risparmiate: anche dove avevo poggiato il sedere e le mani ce n’erano a decine che continuavano a gironzolare.

Una lente d’ingrandimento mi permise di fare la loro conoscenza ravvicinata: corpo tondeggiante come una capocchia di spillo, sei zampette, due lunghe antennine, esoscheletro vellutato e uniformemente colorato di un rosso acceso. Tutto sommato, un aspetto elegante e niente affatto repellente. Una successiva ricerca mi consentì di identificarli senza ombra di dubbio: si trattava di Trombidium holosericeum, una specie di acari che solitamente vive nascosta negli anfratti delle cortecce degli alberi e che, soltanto per un breve periodo dell’anno, a primavera, si concede qualche libera uscita all’aria, purché il Sole sia splendente e la temperatura sopra i 20 gradi. Con il sopraggiungere del caldo estivo, che essi temono tanto quanto il freddo invernale, i trombidi tornano a rintanarsi nelle loro arboree dimore.

Contrariamente all’opinione comune, questi ragnetti rossi (ma la definizione popolare è impropria) non nuocciono ne’ alle piante, ne’ agli animali e neppure agli uomini. Essi non sono dei parassiti, non invadono l’interno delle abitazioni, non provocano danni; anzi svolgono un utile lavoro di operatori ecologici in miniatura poiché si cibano degli escrementi degli uccelli. Il loro agitarsi sui muretti è finalizzato alla ricerca di qualche “cacchetta” di cui vanno ghiotti. E sono senz’altro da ammirare per la loro capacità di trasformare il volgare nutrimento in un raffinato carotenoide che conferisce alla loro emolinfa lo smagliante colore rosso porpora.

Così, cari amici, mi permetto di darvi un consiglio: se in questa volubile primavera incontrerete i ragnetti rossi, non estraete la bombola dell’insetticida per sterminarli poiché sarebbe un’inutile crudeltà. E vi sconsiglio pure di schiacciarli perché procurereste delle persistenti macchie rossastre ai muretti delle abitazioni o, peggio, ai vostri candidi indumenti. Rilassatevi e godetevi il primo Sole in loro compagnia!

NELLA FOTO: esemplari di Trombidium holosericeum in un muretto di Piano dei Cardoni, Ustica.

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COMMENTO

Da Roma Franco Foresta Martin 

Grazie Caro Costantino!
apprezzo molto il tuo commento, perché viene, oltre che da un amico, da uno spontaneo e poetico interprete della Natura usticese!

Abbracci, Franco

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Da Milano Costantino Tranchina

Carissimo Franco, è bellissimo e istruttivo leggerti, vai sempre affondo nelle tue osservazioni. Conoscevo il ragnetto rosso, non conoscevo il suo nome scientifico. Ho letto tutta la pagina con grande curiosità ed interesse e ti ringrazio. I nostri bisoli oltre al bel riposo son luoghi di osservazioni per scoperte e di ascolto di canti sublimi come l’usignolo. Ciao Franco, ancora grazie e a presto nella nostra amata Ustica

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