Da Mondello alle Eolie le specie più diffuse e i rimedi per le ustioni. I biologi dell’Ispra “Anche quest’anno presenza massiccia ma non tutte sono urticanti”
ISABELLA NAPOLI
Da Mondello a Ustica, da Cefalù alle Eolie, da Sciacca a Favignana: l’allarme meduse dilaga sulle spiagge siciliane. Sono già centinaia le ustioni provocate ai bagnanti dai fastidiosi celenterati. Guida alle specie presenti nei mari dell’Isola e ai modi per ridurre i danni. A Mondello dall’inizio della stagione estiva sono stati cinquanta i casi di ustioni da meduse. Poi, le correnti hanno spostato i gruppi di Pelagia noctiluca, questa la specie più diffusa lungo le coste siciliane, a Sferracavallo dove, in mancanza della guardia medica turistica ormai chiusa da alcuni anni, i bagnanti portano sempre con sé un kit fai da te per medicarsi.
Ma l’allarme è alto anche in altri punti della costa palermitana e dell’Isola. Tanto che i biologi dell’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale di Palermo, le unità operative di educazione alla salute delle Asp e il Sindacato italiano balneari hanno lanciato una campagna di monitoraggio e di prevenzione. I primi corsi ai gestori degli stabilimenti e alle guardie mediche sono partiti a Catania ma presto saranno organizzati anche a Palermo, Ragusa, Trapani, Messina.
“Quest’estate, come già da alcuni anni, il fenomeno delle meduse si è riproposto nel mare siciliano in maniera massiccia – spiega Manuela Falautano, biologa marina dell’Ispra di Palermo – Ci sono alcune specie assolutamente innocue, altre urticanti. Cerchiamo di insegnare attraverso la distribuzione di opuscoli informativi a riconoscere e distinguere le specie, per evitare inutili allarmismi”.
E se è facile imbattersi nella Pelagia rosa violacea e nella Charybdea, la medusa “cubica” con un ombrello trasparente largo non più di sei centimetri, spesso anche alcune meduse non urticanti come la Cothyloriza tuberculata, larga fino a trenta centimetri, si possono trovare nelle isole come Ustica.
“A Mondello, i casi più frequenti sono stati all’inizio della stagione balneare – racconta il responsabile della guardia medica turistica Salvatore Buccheri – ora sono più sporadici”. Più grave invece la situazione a Terrasini e Cefalù. “Ho trattato almeno una trentina di pazienti – racconta Caterina Di Salvo, responsabile della guardia medica di Terrasini – alcuni presentavano anche ustioni molto estese su tutto il corpo: molti avevano fatto il bagno tra gli scogli e la spiaggia di Terrasini ma abbiamo prestato soccorso anche ai bagnanti della spiaggia di Magaggiari a Cinisi”.
Anche a Cefalù si contano almeno una cinquantina di casi di lesioni da contatto con questi celenterati. “Sono presenti lungo tutto il lungomare – spiegano i medici del pronto soccorso turistico di Cefalù – la reazione dipende molto dal sistema immunitario individuale. Se si è allergici, il gonfiore nella zona del contatto è più ampio”.
Chi si tuffa nel mare delle isole Eolie, deve fare attenzione alla Caravella portoghese, nome scientifico Physalia physalis, dai tentacoli lunghi e sottili e particolarmente urticanti. A Ustica, ma pure a Sciacca e Favignana, non provoca ustioni la Rhizostoma pulmo, molto grande e bianca. Ma sfortunatamente questa specie è più frequente in primavera. D’estate, invece, tutte e tre le località sono a rischio. A Ustica, la guardia medica turistica ha registrato oltre cinquanta casi a luglio e anche ad agosto è un via vai di pazienti. “Interveniamo con ammoniaca e cortisone per via orale o in crema sulla parte ustionata – spiega Stefania Termine, uno dei turnisti della guardia medica di Ustica – e sconsigliamo nei giorni successivi l’esposizione al sole”.
Tra i rimedi immediati consigliati dai medici dell’unità educazione alla salute dell’Asp di Catania, bagnare la ferita con acqua di mare e rimuovere dalla pelle i residui, con una superficie non tagliente, per esempio con un pezzo di plastica rigida o con una scheda per ricarica telefonica: in farmacia si può chiedere una pomata al cloruro d’alluminio. Un rimedio naturale è un impacco di acqua e bicarbonato.
“In ogni caso – spiega Salvatore Cacciola, responsabile dell’unità educazione alla salute dell’Asp di Catania – evitate di strofinare la ferita con la sabbia, o con qualsiasi altra cosa, perché ciò stimolerebbe l’attività muscolare, mettendo in circolo più velocemente le sostanze tossiche”.
(Fonte “La Repubblica”)