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ARCIDONNA ONLUS, per la seconda volta, perde la causa… (da Ustica SAPE del 2 ottobre 2024)


Eh no, caro Pietro: chi ha perso non è Arcidonna bensì la popolazione usticese che attraverso il suo Comune, per altro già in stato di dissesto, ha speso una considerevole somma (si dice diecimila euro ma forse di più: tra 12 e 18mila) per una questione che di istituzionale sembra aver solo le apparenze. Tutto legittimo, per carità, ma sul fronte dell’opportunità c’è una domanda che mi martella sin dall’inizio della vicenda: cosa aveva da difendere il Comune di Ustica in questa surreale querelle estiva, buona forse per i gossippari sotto l’ombrellone insieme con gli amorazzi dei VIP? Avrei capito se la rimozione pretesa da Arcidonna avesse riguardato l’intero manufatto dell’isola ecologica; ma la possibile e non costosa bannatura della sola immagine incriminata, avrebbe davvero compromesso l’incentivazione della raccolta differenziata? Davvero il Comune crede all’arzigogolo proposto nelle sue difese: se incontaminata come in questa foto vuoi la natura, è qui che devi buttar la spazzatura? Mi ricorda il bel tempo andato di quei cartelli che con grafia incerta ma con colori vividi venivano esposti dagli ambulanti per pubblicizzare la loro mercanzia: se melloni dolci e buoni vuoi mangiare, da Pippuzzo li devi comprare. Seguiva l’indicazione di un prezzo dove lo zero aveva una minuscola, quasi invisibile gambetta che al momento di pagare lo elevava di fatto al valore di un 9: una piccola furbizia ma che rendeva farlocco anche lo slogan.
No, mi spiace, ma nessuno mi convincerà mai dell’utilità per il Comune di costituirsi in giudizio per resistere ad una pretesa che già prima facie si palesava poco genuina. Considerato poi le peculiarità dei rappresentanti delle parti in causa, si potrebbe anche azzardare una strumentalità a fini di propaganda di bassa politica. Non mi sento di arrivare alle questioni di natura personale.
Forse un lapsus freudiano, forse una opinabile scelta argomentativa del difensore ma già l’incipit del ricorso di Arcidonna (“Non volendo in questa sede disquisire sulla bellezza della foto o sulla sua natura di opera artistica…”) denunciava un fianco troppo debole per corroborare le successive argomentazioni -in altre occasioni sacrosante- in difesa della dignità femminile. In altri termini: è evidente che neanche Arcidonna, almeno nella fattispecie, credesse fino in fondo al suo assunto. Ma avrà probabilmente ragionato che suffragando l’iniziativa con i consueti slogan (ndr: buoni per la piazza ma quando vai in Tribunale…) si può pur sempre confidare, visti i tempi, di trovare un giudice a Berlino.
E qui mi ripiombano le domande: ma se non ci credeva Arcidonna, perché il Comune di Ustica ci ha creduto? Per che cosa ha combattuto e che cosa ha fortunosamente vinto? L’onorabilità per non poter essere considerato antifemminista dopo essere stato tacciato di fascista dalla stampa internazionale? Capiamoci bene: non ce l’ho con il Comune di Ustica né con i suoi amministratori che anzi devono sobbarcarsi un lavoro difficile, faticoso e spesso neanche riconosciuto; ma certe piccole ingenuità come quelle cui ho appena accennato… ecco, faccio fatica a giustificarle di fronte appunto alle capacità degli amministratori. Azzardo: non lo è certamente sotto il profilo giuridico ma sotto quello dell’opportunità come si fa a non qualificare l’esborso per il giudizio come un danno erariale? La verità è che tutta la vicenda è orripilante, per tacer d’altro onde non suscitare (false e strumentali) suscettibilità.
Non richiesto -me ne rendo conto- mi sento tuttavia di dire ad entrambi i litiganti che un argomento circoscritto ad un ambito di conoscenza locale e comunque limitato a non ingenti flussi non andava affrontato in sede giudiziale, non essendovi per altro pregnanti profili di legittimità sui quali disquisire e sui quali fondare una decisione (se non l’accertamento della legittimità ad agire dell’attrice ma chiedo scusa se in proposito non ho dedicato tempo all’esame dello statuto della onlus). Credo che un giudizio -sempre, ripeto, che se ne sentisse veramente il bisogno- sarebbe stato più propriamente da ricercare nella società civile, magari attraverso un dibattito pubblico che avrebbe pure arricchito gli eventi culturali dell’estate isolana. Quanto è costato il giudizio civile? Si sarebbero potuti invitare relatori, giornalisti, l’autore della foto, dare diffusione alla querelle che in questo modo almeno sarebbe assurta ad evento culturale invece che rimanere confinata nel più basso gossip politico; se non addirittura esclusa da ogni e qualsivoglia risonanza. Quando si dice ittari picciuli !
Questo perché credo che il contraddittorio in simili circostanze e su simili questioni -sempre che, ripeto, l’oggetto del contendere non fosse surrettizio- debba essere più articolato, affidato a molteplici sensibilità ed opinioni invece che sottostare ad un unico soggetto, un magistrato, che finisce comunque con l’applicare un suo personalissimo parere che da un punto di vista soggettivo non ha necessariamente più valore di quello che può esprimere un passante occasionale. Ben vero che il magistrato è peritus peritorum ma è questa una attribuzione che vale in senso tecnico e nel dirimere la presente questione non mi pare che vi fosse alcun tecnicismo da valutare. Andate a leggere le motivazioni del primo e del secondo giudice: sono, e non poteva essere diversamente, in stretto punto di fatto; e benché confluiscano in una identica decisione, le opinioni rispettivamente sottostanti non appaiono univoche allorché la prima decisione poneva l’accento sull’utilità sociale di incentivare la raccolta differenziata mentre la seconda si è maggiormente soffermata sulla valenza di opera d’arte della foto incriminata. Chissà che un terzo giudice -ipotizzo un eponimo del famoso Pretore Salmeri- non avrebbe invece avallato la visione di Arcidonna e della sua Presidentessa.
Mi sono permesso di evocare la memoria del Pretore Salmeri perché il resoconto di una intervista rilasciata 51 anni or sono (10 maggio 1973 per l’esattezza) ha sorprendenti assonanze con alcune dichiarazioni rilasciate dalla Presidentessa in occasione del primo rigetto del ricorso di Arcidonna: confrontate voi stessi. Diceva Salmeri: “La nostra società sta toccando momenti pericolosi. Non vi è più nulla di sacro, nulla che non possa essere intaccato e scalfito. La immoralità dilaga, sulla stampa, al cinema, persino nella pubblicità. Bisogna avere il coraggio di salvare la nostra civiltà, di salvare la nostra gioventù”. Ha detto due mesi or sono la Presidentessa: “Siamo circondati ormai da bruttezza e barbarie ovunque e non si può continuare a far passare tutto. Quello che arriva è un segnale diseducativo soprattutto per i giovani, qualcosa che esprime una cultura patriarcale che nel 2024 è insopportabile, non si può continuare a usare il corpo femminile come oggetto” (fonte: Ustica SAPE e relativi collegamenti).
Giunti all’auspicabile conclusione della vicenda, ci sono altre domande che mi martellano: come è stata valutata questa sconfitta in Arcidonna? Al suo interno qualcun* avrà avuto la lucidità o l’improntitudine di contestare nel merito l’iniziativa della Presidentessa? E poi, considerato che la decisione avversa è stata adottata in primo grado da un magistrato donna e che la conferma giunta in appello è stata sancita da un altro magistrato donna (dunque, seppure super partes, due personalità intrise di sensibilità femminile), che giudizio può esprimere su di loro Arcidonna? Sono compagne che hanno sbagliato? O forse le loro decisioni sono frutto di un inconsapevole vissuto in un tossico ambiente patriarcale? E ancora: se la onlus offesa invece che chiamarsi “Arcidonna” si fosse intitolata, pur mantenendo identici gli scopi statutari, “Giovani Italiane” oppure “Pronipoti della lupa”… questa vicenda sarebbe mai nata?
Quanto alla vittoria di Pirro del Comune non ci si può che complimentare per il fortunato esito auspicabilmente foriero in sorte di altre opportunità magari più utili alla comunità. Anche se, forse, si è persa l’occasione per stagliare prepotente una immagine di Ustica altrettanto prepotente. Voglio dire che invece di relegare quella magnifica fotografia nella dimensione riduttiva di un suggerimento alla raccolta differenziata (perché questo si è sostenuto in sede di comparsa), si poteva invocarne e pretenderne la funzione di logo dell’isola avendone essa tutti i requisiti e le caratteristiche:
 È autentica, perché l’immagine è stata composta in loco;
 È rappresentativa, perché testimonia della bellezza del mare di Ustica sia sopra che sotto l’acqua;
 E’ autorevole, perché frutto della visione e della sapienza fotografica di un artista pluripremiato in campo internazionale e, se non bastasse, pure insignito della Cittadinanza Onoraria;
 È seducente, perché evoca l’immagine di una sirena, figura mitica anelata e temuta per il suo canto ammaliatore capace di rapire il cuore e la mente; così come può capitare di essere rapiti ad Ustica andando alla scoperta delle bellezze e dei misteri che essa custodisce sia nel suo mare che sulla sua terra: ciò che equivale alla promessa di un soggiorno carico di sensazioni e di emozioni.
Oltretutto sarebbe stata l’occasione per rimodernare l’immagine dell’isola: ma basta con ‘sta storia trita e ritrita della prima riserva marina d’Italia! Cosa vuoi che me ne freghi se è stata la prima quando la settima o l’ottava oppure anche la quindicesima sanno comunicarmi ed offrirmi aspettative migliori? e magari con costi più contenuti?
Penso sia chiaro che nessuno dei due contendenti mi sembra meritevole di essere esentato da critiche. Magari si può riservare un buffetto di consolazione al Comune di Ustica che è stato penalizzato dall’opinabile decisione di compensare le spese di lite nonostante “il ricorso proposto dalla Arcidonna ONLUS è giuridicamente infondato e deve, pertanto, essere rigettato per difetto del requisito del fumus boni iuris”. E buon per Arcidonna che nonostante la messe di decise argomentazioni a contrario espresse dal giudice, questi abbia infine sorvolato sulla latente consapevolezza dell’attrice circa alla presumibile infondatezza della propria pretesa.
Nei miei buoni studi classici o meglio grazie alla sapienza educativa dei miei maestri, ho pescato il miglior epitaffio possibile per questa vicenda che mi appare non meno seicentesca della disputa cavalleresca tra Don Rodrigo ed il Conte Attilio. Mi accodo pertanto all’Azzeccagarbugli che nella circostanza così si espresse: “Io godo di questa dotta disputa e ringrazio il bell’accidente che ha dato occasione ad una guerra d’ingegni così graziosa…”. Amen.
Ma già prima e meglio di me -che sono noiosamente prolisso- due indiscussi amanti dell’isola avevano commentato questa improbabile querelle -pur senza nominarla- in modo succinto, tagliente e definitivo attraverso un esplosivo botta e risposta che qui devo ricordare. Scrive Pietro Fiorito: “Se voglio uccidere l’anima di un’opera d’arte e non scontare la pena, ora so come fare”; di rimando, Domenico Drago: “Caro Pietro, l’arte non è per tutti!”. E buonanotte ai suonatori.

Ustica, 5 ottobre 2024

Non son chi fui

9 risposte

  1. Belle parole, Anziché usare un commento quasi logorroico da migliaia di parole, sarebbe bastato che queste considerazioni le avesse fatto chi ha tempo da perdere, come chi ha la denuncia facile,
    tutto si sarebbe concluso in un minuto
    Bastava che l’ associazione l’arcidonna avesse fatto critiche costruttive e democratiche, anziché lasciarsi trascinare dalle correnti politiche che cercano in ogni maniera di denigrare quello che questa amministrazione fa.
    Ci vuole più coraggio ad agire, che stare a guardare aspettando di fare critiche.
    Quindi fondamentalmente per queste spese fatte dagli usticesi ringraziamo queste persone che hanno fatto un attacco che e risultato ridicolo.
    Magari li ringraziamo e critichiamo chi si e difeso?
    Rudy Mc Wilde

  2. Egregio Signore “Non son chi fui”, grazie per questo pensiero puntuale e dettagliato che ha voluto esternare e che apprezzo intensamente. Adesso mi ritirerò nel mio silenzio che è fatto di acqua, sale e pietre e continuerò a consolarmi con le mie amate Poesie: “Io che vissi dentro il Mare avrei molte cose da dire, ma appresi tanto silenzio che ho molto da tacere” (Pablo Neruda). In attesa di conoscerLa, voglia gradire cordiali saluti. Domenico Drago

  3. Che la foto sia fuori contesto credo che dovrebbe trovarci in molti d’accordo.
    Se si fosse scelta da subito un’altra immagine nessuno avrebbe avuto da ridire.
    In futuro si consiglia di rivolgersi ad altri “Esperti” per valutare cosa affiggere in contesti pubblici.

    Cosi come credo ci trovi in molti d’accordo nel dire che la Presidente dell’associazione Arcidonna, promotrice di questa inutile ma costosa iniziativa, poteva “Risparmiarsi” almeno di presentare il ricorso…. per farsi pubblicita’ e far parlare della sua associazione bastava gia’ la prima “Denuncia”.
    Tutti sarebbero rimasti soddisfatti; gli uni per aver “vinto”, le altre per aver ottenuto VISIBILITA’.

  4. Gentile Rudy, può cortesemente chiarire il nesso tra “anziché usare un commento quasi logorroico” e “sarebbe bastato che queste considerazioni le avesse fatto…”? Perché così come scrive lei (quell’avversativo mi inquieta) sembra quasi che Arcidonna abbia prima assunto l’iniziativa giudiziale e poi l’abbia essa stessa criticata attraverso il commento in questione. E’ come se lei stesse facendo coincidere la mia persona con Arcidonna, cosa che, desidero rassicurarla, è assolutamente priva di fondamento. Desidero poi sottolinearle che se lei ha potuto permettersi di riferirsi succintamente a “queste considerazioni” lo deve al fatto che “queste considerazioni” io le abbia espresse in modo spero esauriente e non “logorroico” (che oltretutto è un aggettivo in nessun caso utilizzabile per definire uno scritto; l’aggettivo adatto è semmai “prolisso”, come per altro mi ero già denunciato io stesso nelle ultime battute del commento). Sarebbe gradito un ulteriore chiarimento circa al significato dell’ultima frase: “magari li ringraziamo e critichiamo chi si è difeso?”. Non capisco, infatti, se ed in quale passaggio del mio commento lei abbia colto questa… disparità di trattamento. Ove lei permanesse nel dubbio ed in omaggio al suo anelito di brevità, potrei utilizzare un aforisma gergale palermitano che in tre parole, anche solo due, è capace di esprimere riprovazione verso tutti i contendenti. Tuttavia devo qui scontentarla e se non lo faccio è perché nei termini potrebbe risultare offensivo verso i miei obiettivi che, viceversa, hanno diritto ad una critica espressa in modo tale da consentire loro di comprenderne appieno le ragioni ed eventualmente di ribattere. Che vuol farci? Le critiche, i giudizi “di pancia” che possono appunto esprimersi in tre parole preferisco tenerli riservati. Mi consenta un’ultima preghiera: per una volta, sia anche lei “logorroico” e spieghi perché ritiene che il Comune abbia fatto bene a difendersi in giudizio e perché non avrebbe potuto fare altrimenti. Si intuisce, infatti, che è questo il suo pensiero ma purtroppo lei lo ha lasciato nel campo dell’apodittico (= è così perché lo dico io e ho detto tutto). Grazie.

  5. Ringrazio sentitamente la persona che mi ha citato nel suo pregiatissimo articolo sopra esposto, e per niente “logorroico” poiché a volte la chiarezza non è mai troppa.
    Non volevo più discutere su questa diatriba oramai utile solo alla futura memoria, ma mi sono sentito tirare per la giacca, quindi riflettendoci dico: “ha creato solo danni a TUTTI”, in particolare al popolo usticese, che pagherà indirettamente le spese processuali.
    Non ha giovato all’immagine dell’isola, al Comune, al Poeta, ad Arcidonna, alle Sentenze che rispetto ma non condivido, e non per ultimo al sottoscritto, che costernato si presenta all’Isola con tanta vistosa umiltà come un
    “TAL DI ME SCHIAVO”…. .
    Pietro Fiorito

  6. Non intendo discutere con chi : non si firma, specialmente istruito , sarebbe bastato che si prendesse cura ad istruire chi ha tempo da perdere come i denuncianti che hanno fatto una figura molto magra.
    La prossima volta che qualcuno voglia esporre una foto dovrebbe fare una riunione cittadina?
    Sarebbe normale che queste persone facessero un ufficio a cui chiedere ulteriori autorizzazioni.
    Peccato che gli usticesi hanno scelto altri.

  7. Da notare che lo scrivente è anonimo e alcuni che rispondono hanno un profilo falso. Questo per dire che, non si discute con chi non ci mette il faccino! Per il resto, non state a preoccuparvi. Come diceva mio padre; ” paga come sempre Cappellaccio “

  8. Gentile ed irritata Signora Angela, in non poche occasioni mi era occorso di osservare che le controdeduzioni sui commenti postati nel blog erano incentrate non tanto sull’oggetto del commento quanto condizionate da un pregiudizio sul soggetto che aveva proposto il commento stesso per il confronto con gli altri utenti. Ho spesso avuto l’impressione, in altri termini, che non si guardasse tanto a cosa era stato detto quanto a chi lo avesse detto ed in base a tale constatazione veniva adottato un comportamento piuttosto che un altro. La ripetuta osservazione di questi comportamenti mi ha quindi indotto, previo accordo con la redazione del blog che ha condiviso tale mia “provocazione”, a celare la mia identità: desideravo infatti che se discussione fossi stato capace di accendere, questa si sarebbe dovuta incentrare sui temi della vicenda in commento a prescindere da chi io fossi. D’altra parte vorrà darmi atto che nel mio intervento non c’è traccia né di insulti né di bisogno di copertura delle fonti e nemmeno di disparità di trattamento: nulla, in sostanza, che avrebbe dovuto far ritenere al lettore la scelta dell’anonimato come una via di fuga dalla responsabilità personale delle argomentazioni svolte. Detto questo -a beneficio anche del Signor Rudy- mi consenta adesso di esprimere la mia lettura circa al suo rifiuto del dialogo con chi non ci mette il faccino. Non dubito che lei si sarà formata una opinione sulla vicenda e sui soggetti coinvolti; opinione che potrà coincidere in tutto od in parte o anche in nulla con le mie argomentazioni. Già… ma chi le ha espresse quelle argomentazioni? E se fosse un “amico” ed io lo contesto? Oppure è un “nemico” e io mostro di concordare con lui? E se invece è un forestiero che dovrebbe solo farsi gli affari di casa sua? Perché dargli confidenza? In preda a questi atroci dubbi, lei ha scelto di ammantarsi di sdegno autoreferenziale con il quale giustificare il rifiuto del dialogo. Ora mi dica: chi si è nascosto di noi due? Chi di noi due non ci ha messo, come dice lei, il faccino? Io che pur nell’anonimato ho svolto esaurienti argomentazioni a sostegno della mia critica? Oppure lei che nell’incertezza della persona dell’interlocutore ha suggestivamente elencato la sua ascendenza ma poi non ha detto nulla di concreto? E poi: chi di noi due è stato più utile alla causa del blog? Domande retoriche. In conclusione, io non posso certamente disapprovare il suo fastidio verso gli pseudonimi ma devo pregarla di non farsi scudo di questo sentimento per fuggire dal contraddittorio e, peggio, per sminuire la dignità dell’interlocutore. Si ricorda quel che ammoniva il celebrante del matrimonio? “Se qualcuno ha qualcosa da dire che parli ora o taccia per sempre”. Lo dicono ancora? Adesso mi scusi ma devo correre a vedere la replica dell’ultima puntata della soap Terra Amara su Canale 5: cose turche…!
    P.S.: non ce lo vedo Ninì a pronunciare la parola “Cappellaccio”. Con la sua verve, con la sua simpatia, con la sua risata contagiosa ed accattivante, credo che più probabilmente si sarebbe riferito a tale “Cappiddazzu”. Ciao Ninì, ci manchi.

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