Dire la verità ridendo: cosa lo vieta?” (Orazio)


Caro Vittorio, ho apprezzato molto l’ironia e con cui hai commentato la mia recente ulteriore denuncia di una delle diverse forme di degrado offerte alla vista dei cittadini locali e di quanti visitino Ustica.

Castigat ridendo mores” (“corregge i costumi ridendo”) scrisse il poeta francese Jean de Santeul per il busto dedicato ad Arlecchino e, in precedenza, “ridentem dicere verum: quid vetat?” (“Dire la verità ridendo: cosa lo vieta?”)  aveva scritto il poeta latino Orazio enfatizzando ambedue il ricorso all’ironia ed al ridere per correggere le deviazioni dei costumi.

Anche in questo caso il metodo da te adottato può funzionare e lo considero un ulteriore tentativo di richiamare l’attenzione sui problemi, piccoli e grandi, di cui costantemente l’opinione pubblica è sollecitata ad occuparsi per la nostra isola. Ne apprezzo lo spirito e le finalità positive; esso richiede, però a mio parere, grande maturità di giudizio e forte onestà intellettuale nella variegata valutazione di chi legge circa la risposta da dare alle denunce in cui viene coinvolto. Io vedo, infatti, nell’atteggiamento di superficiale gradimento dell’ironia, il rischio che l’evidente maggiore gradevolezza del sorriderne, piuttosto che prenderne coscienza, induca i meno disponibili al confronto più deciso e intransigente a tirare a campare – credo non manchino numerose le testimonianze di ciò – piuttosto che assumere un atteggiamento ben definito e sentirsi parte interessata.

Ne può essere una prova il fatto che ad una denuncia fatta senza sorriderne ma con la volontaria chiarezza che meritano taluni problemi da tempo irrisolti a Ustica non sia sin qui seguito alcun commento – eccetto il tuo  – una qualsiasi presa di posizione da quanti con molta “prudenza” tra la gente comune leggono UsticaSAPE,  quasi che il problema interessasse soltanto all’estensore di quella denuncia e cui sotto sotto quasi si addebiti il pericoloso torto di voler smuovere acque favorevolmente chete. Di più. Che condividere o semplicemente riconoscere il valore sociale di quella denuncia potesse compromettere la propria “comfort zone”. Peggio ancora. Rischiare di compromettere qualche rapporto di utile sudditanza…

Se, però, pur condividendone il senso e come tu hai fatto, la denuncia viene presentata con una lettura dei fatti – il cui fine, bada bene, non è ben compresa da molti – improntata all’ironia o ad una meno diretta esplicitazione del proprio pensiero, ecco che le paure di esporsi cadono, le pacche sulle spalle si sprecano e si alzano sguaiati osanna all’autore inconsapevole di aver suscitato tanto sollievo.

Io ti ringrazio per l’acume e la sapienza con cui hai dato ulteriore rilievo alle mie parole ma tutto ciò, caro Vittorio, mi dà molto da considerare sul senso e il destino di certe battaglie che taluni tentano di combattere nell’interesse di Ustica e, sia chiaro almeno da parte mia, senza alcun interesse personale e senza acrimonia alcuna nei confronti delle Amministrazioni precedenti e su quella attuale; battaglie giuste ma palesemente velleitarie non già per il loro obiettivo ma per la ritrosia alla partecipazione di quanti dovrebbero sostenerle con senso civico e rispetto del proprio dovere.

Sergio Fisco

3 risposte

  1. Caro Sergio, credo che con l’ironia si possano abbattere i muri, io la preferisco ad altro tipo di battaglie, ma ognuno sceglie le proprie. Speriamo che le lamentazioni su alcuni punti ( acqua, rifiuti, marketing…) possano fare breccia, per non parlare di accordi positivi o quanto meno conoscitivi sulle prossime mosse dei signori Todaro per Villaggio Spalmatore e Franza con svizzeri per il Grotta Azzurra. Scrivo sia personalmente che come vice presidente Pro Loco Ustica APS. Ustica è un gioiello, un paradiso, poche persone che dovrebbero tutte andar d’accordo per renderla sempre migliore nonché maggiormente attrattiva per i visitatori intelligenti tutto l’anno ( e non per turisti mordi e fuggi agostani). Molti di noi fanno tanto in silenzio, nel proprio piccolo. Io ho fiducia nelle persone di Ustica, nelle persone che la amano e anche negli amministratori. Le lotte a poco servono in un luogo così minuscolo a mio avviso, comportano ulteriori carichi di rabbia, acrimonia, divisioni. Penso che invece collaborare sia la parola magica. Forse sono utopica, ma a 63 anni cambiarmi è difficile.

  2. “ Il dialogo non può avvenire quando una delle parti non è disposta a partecipare attivamente e in modo costruttivo. Il dialogo richiede un impegno reciproco, con la volontà di ascoltare, comprendere e trovare un terreno comune. Se una parte non è aperta a questa collaborazione, il dialogo non potrà essere efficace o persino possibile”.

  3. Amico Sergio, più leggo e rileggo il Gattopardo e più mi convinco quanto a buona ragione Don Fabrizio nel corso di un colloquio ebbe a dire, tra altro, al “forestiero” emissario Chevalley: “I Siciliani non vorranno mai migliorare per la semplice ragione che credono di essere perfetti … ogni intromissione di estranei sconvolge il loro vaneggiare di raggiunta compiutezza”. Verissimo, giudizio “ever green”.

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