Chi volete che sia liberato, Gesù Cristo o Barabba ?. Barabba !!! gridò il popolo. Il caro Pino Salerno urlava quel nome cosi forte che gli rimase lo nciurio di ” Barabba “. Non siamo a Gerusalemme o guardando un film ma siamo ad Ustica, nel terrazzino adiacente la chiesa negli anni 50-60, dove ogni anno, con “attori” e “comparse” usticesi, si rappresentava la Passione di Nostro Signore Gesù.
Il Venerdì Santo in processione su una “lettiga”, veniva portato Gesù per la crocifissione, che avveniva al Calvario, a mezzogiorno in punto. Di pomeriggio (intorno alle 16,00), prima di scendere Gesù dalla Croce per depositarlo nella “vara” e far seguire una lunga processione per le strade del paese, si esibiva un predicatore venuto di proposito da fuori che con i suoi accorati e intensi sermoni teneva i fedeli tutti inchiodati nella scalinata del Calvario sottostante e con il fiato sospeso.
Dalla Crocifissione alla Resurrezione le campane della Chiesa di Ustica, per lutto, erano inoperanti; i battagli venivano legati e resi immobili con una corda e…. per avvisare i fedeli delle funzioni religiose venivano usate le vecchie “troccole”, che noi ragazzini eravamo molto orgogliosi di agitare andando in giro per il paese ad intervalli di quindici minuti, annunciando a voce alta: “a prima, a sicunna o a terza campaaaaana”… Durante la Settimana Santa le stazioni radio nazionali trasmettevano pochissima musica e non era insolito, camminando per le strade di Ustica, ascoltare da qualche casa donne che intonavano: “…Sono stato cuore ingratoooo…. Gesu mio, perdon pietà..!!”
Anche le miriadi di passeri, che avevano il loro habitat sugli alberi di ficus del palchetto antistante la chiesa, sembravano assecondare questa atmosfera… Al passare della processione con la “lettiga” che conteneva Gesù diretta al calvario, anche loro osservavano un “religioso” silenzio…
Nelle vicinanze del Calvario c’era un stanzetta dove molte donne del paese, vestite in nero, sostavano in veglia al Cristo in Croce facendo “la Nottata”. Per tutta la notte c’era sempre un via vai di parenti e amici che fornivano compagnia, caffè, qualche panino e ” pupi cu l’ova” ( le uova Pasquali di cioccolata si vedevano solamente stampate nei libri di scuola ).
Il giorno di Pasqua, avveniva una delle più belle e gioiose manifestazioni religiose “u scuntru ” in Piazza . Due gruppi di fedeli partivano dalla Chiesa, andando in processione in direzioni opposte, una con la statua di Gesù e l’altra della Madonna ancora coperta con il manto nero del lutto, e convergevano nella Piazza con in testa i due portabandiera che, per tradizione, rappresentavano la classe dei Pescatori e degli Agricoltori . Non appena i portabandiera e le statue della Madonna e di Gesù risorto giungevano in prossimità dalla piazza cominciavano il rito del riconoscimento e del saluto, abbassando lentamente i vessilli per tre volte (quasi a toccare terra) e alzandoli e poi di corsa sino ad incontrarsi nel centro della piazza. Il manto nero della Madonna veniva repentinamente tirato giù e appariva un bel luccicante manto azzurro. Le campane suonavano e lungo a festa con applausi di tutta la gente presente. A seguire una lunga processione per le strade del paese.
Duarante la Settimana Santa nella Chiesa San Ferdinando Re ogni fermata della Via Crucis era addobbata con piccoli altarini con fiori e il pavimento cosparso con vasi contenenti piantine di grano tenero.
Oggi per suonare le campane si preme solo un bottone e basta ma a quei tempi era diverso, la notte della Resurrezione, per noi ragazzi era speciale perché aiutava a stabilire certe gerarchie, non tutti potevano salire sul Campanile e prendere parte alla ” campaniata ” della Resurrezione, che per i ragazzi, era un segno di maturità… La concorrenza era dura … Quel diritto bisognava guadagnarselo… In quella notte nella chiesa, che odorava di incenso, c’era un grande velo nero che scendeva come un sipario dal tetto sino al pavimento nascondendo tutta l’area dell’Altare; sipario che veniva fatto cadere al suolo con un atto di sorprendente scenografia, simultaneamente all’atto della Resurrezione e al suono delle campane in festa, venivano liberate tante rondini e appariva la statua di Gesù Risorto tutta illuminata e splendente .
“U Pasquni ” (la pasquetta) veniva fuori quasi sempre con una giornata di sole e tradizionalmente era il giorno della “scampagnata” con parenti o amici nelle loro case di campagna che, a quei tempi, erano usate solamente per essere “arricugghiuti” (trasferirsi in campagna) o occasioni speciali. Il giorno del ” Pascuni” il paese rimaneva completamente vuoto, come per S. Bartolicchio . Il primo piatto, mi ricordo era sempre “pasta al forno all’usticese ” con maccheroni o anellini ben cotti e croccanti , hmmm.. eccellente ! …., il pane era fatto in casa e il vino locale non mancava mai……
Buona Pasqua a tutti
Agostino Caserta dalla California.