Una piacevole ricorrenza che da secoli allieta bambini e ragazzini e serve a ricordare i nostri cari defunti.
In segreto nonni e/o genitori preparavano, con largo anticipo, tale evento e differenziavano con saggio discernimento regali, dolciumi e penitenze.
La sentenza finale di solito veniva affidata alla Madre, considerata da tutti “Giudice Supremo”, poiché era Lei a tenere lo scettro del giudizio “polso” sui propri figli.
Dal verdetto quindi veniva decretato il premio (regalo), oppure il castigo (nulla).
Non c’era possibilità di appello in questa sentenza, e se il ricevente come premio non trovava niente, dopo con un gesto di magia spuntava il vero regalo.
È inutile dire, che oltre a commemorare i nostri antenati, era anche un modo per educare figli e nipoti e trasmettere loro la tradizione e il rispetto per i defunti.
La scelta dei regali a quei tempi era semplice e scontata da tempo.
Fucili, pistole, il bravo falegname o l’autocarro per I maschietti; invece bambole, il piccolo cucito, il perfetto ricamo col telaio, per le femminucce.
Inoltre veniva preparato da giorni il “cesto dei morti” pieno di frutta secca, cioccolatini, biscotti di vario tipo, con frutta Martorana colorata e con al centro l’immancabile statua di zucchero cava all’interno la “Pupaccena”.
Quest’ultima doveva ricordare necessariamente l’Orlando Furioso o la bella Angelica o semplicemente un animale domestico.
Il mattino della festività scoccava il grande momento di distribuzione dei regali, portati dai “Morti durante la notte”.
Questo era il motivo con cui si giustificavano i nostri genitori, mentre noi ragazzini, creduloni e impazienti, attendevamo il nostro turno per scartare quel regalo giunto dall’aldilà.
Oggi purtroppo, e lo dico con tanto rammarico, questo candido e rispettoso evento viene ricordato con meno attenzione dagli adulti.
Mi piacerebbe passare per le strade di Ustica proprio la mattina del 2 Novembre, e avvicinarmi alla porta di ogni casa e sperare di ascoltare le grida di gioia dei bambini in festa.
Pietro Forito.