Ustica sape

Ricordi… di Agostino Caserta dalla California


[ id=2576 w=320 h=240 float=left]Ustica, come tante altre isole italiane, fu posto di confino per circa 200 anni. Bisogna essere almeno 60enne per potere ricordare i confinati comuni che furono una parte molto importante della storia moderna della nostra isola fino al 1961. Le due Torri, Santa Maria e Spalmatore di cui si fa bella mostra ai turisti come monumenti storici furono costruite a fine ‘700 con la manodopera di 40 “sterrati ” che furono mandati dai Borboni ad Ustica ai lavori forzati per la loro costruzione. Quelli furono i primi confinati approdati nell’isola che in seguito furono chiamati coatti, quindi confinati, e alla fine soggiornanti ( obbligati ) In buona parte erano delinquenti comuni in attesa di giudizio per omicidio, reati contro il patrimonio, truffa, usura, estorsione, ricettazione, borseggio, favoreggiamento alla prostituzione, pedofilia ecc…. Ma Ustica diede dimora anche a confinati politici avversari delle Autorità Siciliane prima, e dopo dei Governi Italiani ; anche ad anarchici, i nemici dei Re, contestatori degli aumenti delle tasse, patrioti del Risorgimento, oppositori di guerre coloniali, deportati Libici, prigionieri di guerra slavi e prigionieri arabi .

Del Confino Politico non ho ricordi perché accadde prima dei miei tempi . Terminò con la fine della guerra e l’avvento della Repubblica, per chi vuole approfondirne le conoscenze si può suggerire che all’uopo il Centro Studi di Ustica, ha pubblicato moltissimi articoli con ampi dettagli. Ha il Centro Studi pubblicato materiale concernente i confinati comuni ? Non penso, per essere sicuri bisogna chiedere .

I confinati comuni ad Ustica vivevano in una specie di carcere all’aperto, però erano autorizzati a circolare solamente entro i “limiti confinati” designati da insegne. Dove oggi c’e l’ex ristorante Timone c’era affissa una di queste insegne, un’altra era nella discesa verso il Borgo che comincia vicino Carpe Diem , e una all’inizio della discesa Via Vittorio Emanuele ( a scalunata e’ mari ), una nella zona del Calvario, nella Piazzetta attuale Poliambulatorio, nella zona del nuovo Municipio e nella zona Via Pennini; insomma potevano circolare solo nel centro abitato. Abitavano nei cameroni, tuttora esistenti, che erano sufficienti per circa 50 persone. Ogni sera al tramonto davanti l’edificio dell ‘attuale Banca usciva un trombettiere che suonava la “ritirata” per i confinati, i quali venivano relegati ai cameroni accompagnati dai loro aguzzini e chiusi a catenaccio, fino alle 8 del mattino del giorno seguente. Durante la guerra, al tramonto, in certi periodi, cominciava il coprifuoco e Sesto il trombettiere, che voleva “toscaneggiare”, all’ora della ritirata intimava a tutti ad alta voce, usticesi inclusi, in un italiano maccheronico : ” pendete la lucia” !!! ” .

Il numero dei confinati ad Ustica era mediamente di 180-250 e ciò richiedeva la presenza di almeno 120 o poco piu’ fra Carabienieri e Poliziotti il cui Quartiere Generale era la “Direzione” di Polizia che veniva gestita da Commissari e ubicata nei locali dell’attuale Agenzia Militello. I confinati, malavitosi, purtroppo, spesso regolavano le loro differenze con atti di violenza .

Diverbi, liti e risse erano molto frequenti. Avvenivano prevalentemente nei cameroni o altrove ma di solito fuori dalla vista degli Usticesi . A volte, per regolare conti, si sfidavano all’arma bianca nella zona del Cimitero o alle Case Vecchie e l’infermeria aveva sempre qualche lavoro extra da fare. Avevano i loro clan, c’erano i sardi, i calabresi, I livornesi, I romani, i veneti ( chiamati magnagatti ) ecc.., i palermitani erano i più organizzati e temuti un po’ perché “giocavano in casa” ma anche perché i più numerosi. A volte avvenivano risse tra un clan e un’altro che non potevano passare inosservate tra la popolazione che era costretta ad assistere direttamente o indirettamente ad atti violenti, a volte di sangue. Quando nell’isola c’era particolare trambusto e via vai di forze dell’ordine si capiva che era successa una “sciarria o’ cammaruni” …..e la violenza fisica non era l’unico problema, c’era gente di tutti i tipi alcuni con malattie mentali Freudiane, epilettici che a volte venivano colpiti da attacchi in pubblico ecc.. ecc..

Non e’ facile dimenticare la scena accaduta, un giorno, in un’ora di punta con i bambini appena usciti dalla scuola : Un confinato, venendo giù da un camerone, armato di coltello, inseguiva un altro, la corsa finisce in piazza, di fronte l’attuale Trattoria Mario, dove l’inseguitore ha il sopravvento e comincia a colpire a terra l’altro con fendenti. Camillo, che si trovava nel Salone Favaloro, vide cosa stava accadendo, uscì istintivamente con la saponata ancora in faccia, prese per il bavero il colpitore e lo scaraventò a metri di distanza forse salvando una vita, ma di sicuro, evitando guai peggiori per entrambi ………

Quando si, vedeva un confinato attraversare la piazza con coperte e cuscini sotto il braccio, accompagnato dalla polizia, significava che era diretto al “fosso”, dove si dormiva sul tavolaccio, per scontare una punizione di rigore conseguente a liti o altro. I confinati passavano le giornate all’ozio, in qualche taverna, o stazionati di solito in piazza nella zona del palchetto passeggiando ininterrottamente a gruppi avanti e indietro, qualsiasi usticese che passava si sentiva osservato e scrutato … Vivere in mezzo a 250 carcerati non era un divertimento … la convivenza non era facile e faceva parte della vita quotidiana a cui gli Usticesi avevano fatto l’abitudine…. Ma…. negli ultimi anni, dal 1958 al 1961 le forze dell’ordine, che per tanti anni avevano usato tattiche da tiranni e autocrati, non riuscivano più a mantenere la disciplina necessaria, era il preludio alla rivoluzione culturale del ’68, i confinati erano ovunque non rispettavano più i limiti, gli usticesi si erano molto innervositi e nell’isola ebbero luogo proteste e piccoli tumulti popolari che contribuirono ad accelerare la scomparsa del confino da Ustica ! !

I confinati prevalentemente vivevano in stato di povertà e ricevevano una piccola paga dal Governo che era chiamata ” mazzetta “. Sentivo dire da anziani che ci furono casi di confinati che morivano di malnutrizione come i senzatetto per strada e non mi riferisco ai Libici o Arabi o Slavi ma ai pregiudicati …. Quelli che avevano possibilità economiche affittavano qualche casetta e si facevano raggiungere dai familiari. La famiglia del bandito Salvatore Giuliano fu ad Ustica al confino e io, giocando nel palchetto, ho colpito un nipote di Giuliano, mio coetaneo, alla testa con una pietra procurandogli un bel ” bummuluni “,, un parente di Giuliano venne a parlare con mio nonno Fifi Ailara ma in tono amichevole perché erano vicini di casa e perché mio nonno aveva una delle poche radio ad Ustica e i Giuliano la sera venivano a fare visita per ascoltare il ” Gazzettino di Sicilia ” per notizie sui loro congiunti.

Tutti i confinati che arrivavano ad Ustica o lasciavano l’isola per andare al processo, o per qualsiasi altro motivo, venivano ammanettati con quelle pesanti manette di ferro con catene che strisciavano fino a terra e scortati dalla polizia attraverso il paese fino al porto ; quando viaggiavano in gruppi erano tutti concatenati, se uno cadeva in acqua dalla barca si portava dietro tutti gli altri. Scene, queste, molto deprimenti!! I pescatori di Ustica ogni volta, prima di uscire con la barca per il loro lavoro, dovevano chiedere formalmente i propri remi ai carabinieri che li tenevano schedati e ben custoditi in una stazione nell’edificio dell’attuale Acquario per evitare che qualche confinato tentasse di ” evadere ” dall’isola. Altri tempi !!!

Ma ….ogni medaglia ha il suo rovescio . I confinati per due secoli in un certo senso furono sostegno dell’economia locale, una economia povera ma stabile. Inoltre i coatti erano manodopera a basso costo per la produzione agricola e per servizi più umili, diventando allo stesso tempo consumatori, insieme alle forze di Polizia, dei prodotti locali . La convivenza forzata con persone di diverse culture e costumi alla fine e’ stata una esperienza costruttiva . Alcuni di questi confinati erano dei grandi artigiani .Un maestro d’ascia costruì con le sue mani molti mobili di buonissima fattura ancora esistenti . Un tavolo e uno sparecchia tavolo e’ ancora a casa mia con cassetti decorati, scolpiti a mano, e maniglie con teste di leone. Altri erano esperti nelle costruzioni, nella pasticceria e in agricoltura . Un certo Maruska, pederasta, era un rinomato sarto di alta moda , ecc.. ecc…c’era sempre qualche cosa da osservare e imparare…

E con gli usticesi si comportavano benissimo, non ci furono mai incidenti degni di nota . In alcuni casi si creavano anche relazioni e amicizie Alcuni sposavano ragazze usticesi e si creavano famiglia. Il Tranchina, nel suo libro sulla storia di Ustica, narra che un confinato incontrò a Brooklyn ( quartiere di New York ), un usticese, lo riconobbe e gli fece una grande festa. Un confinato fu addirittura Sindaco di Ustica, dopo l’armistizio del 1943, per alcune settimane. Mio padre Armando fece il militare a San Remo; uno dei commilitoni era Placidino Pesco, di Palermo, di “professione” borsaiolo sugli autobus. Il Pesco, un tipo allegro e gioviale, in seguito, fu confinato ad Ustica e con mio padre, avendo fatto il militare assieme, erano amici. Un giorno un prominente usticese ritornando da Palermo disse che su un autobus in via Roma era stato “scippato” del suo orologio d’oro da taschino con catena . Pesco scrisse una lettera e dopo due settimane l’orologio ritornò ad Ustica nelle mani del legittimo proprietario addirittura ripulito e lucidato da un orologiaio come se fosse nuovo di zecca .

Agostino Caserta

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