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Sicilia, il monopolio dei mari è servito

La siciliana Siremar passa a Sns. Che così eredita la sovvenzione di 55,6 milioni. E ingloba l’unico concorrente rimasto. Ma nessuno interpella l’Antitrust.

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Un traghetto SIREMAR

I mari di Sicilia hanno un solo padrone, che lo Stato e la Regione foraggeranno nei prossimi anni con oltre 600 milioni di euro.
A metà aprile, infatti, la compagnia marittima Siremar, 19 navi e 380 dipendenti, costola siciliana della Tirrenia, è passata a Sns, Società di Navigazione Siciliana.
E con essa l’acquirente ha ereditato la sovvenzione di 55,6 milioni di euro l’anno che lo Stato pagherà per i prossimi nove per collegare la Sicilia alle isole minori.
USTICA E CARONTE SOCI DI SNS. I soci (paritetici) di Sns sono la Ustica Lines di Vittorio Morace (patron del Trapani Calcio) e la Caronte&Tourist dei Franza-Matacena (e, per una piccola quota, dell’onorevole Francantonio Genovese).
Oltre alla sovvenzione legata a Siremar, la prima riceverà 40 milioni di euro circa dalla Regione per effettuare collegamenti veloci nei prossimi cinque anni con Linosa, Lampedusa, Pantelleria e Ustica ed è in gara per un altro mega appalto da 120 milioni di euro per Egadi ed Eolie in via di aggiudicazione.
Caronte, attraverso la partecipata Ngi (al 50%, il resto è dei La Cava), dal canto suo a novembre si è aggiudicata appalti regionali per quasi 50 milioni di euro per servizi traghetti con Eolie, Egadi e Ustica.
ESPOSTI IN PROCURA E CORTE DEI CONTI. A questa situazione si è arrivati in modo rocambolesco.
Tanto che sul passaggio di Siremar a Sns sono già stati presentati esposti alla Procura di Roma e alla Corte dei Conti ed è in gestazione un’interrogazione parlamentare (a firma del deputato Pd Davide Mattiello) ai ministri delle Infrastrutture e dei Trasporti e dello Sviluppo economico.
Quando si privatizzò Tirrenia, nel 2011, la Regione Sicilia rifiutò (caso unico) il conferimento della compagnia regionale, gravata di debiti (70 milioni di euro). Siremar fu scorporata: bad company in amministrazione straordinaria e ramo d’azienda sano (con la sovvenzione) in gara, il tutto gestito dal Mise.
LO SBARCO DI CDI. Con scorno di Sns, già allora numeri uno in Sicilia, a vincere fu Compagnia delle Isole (Cdi), newco guidata dall’armatore partenopeo Salvatore Lauro (gruppo Alilauro) e partecipata dalla Regione mediante Mediterranea Holding.
Cdi cominciò a operare, ma contemporaneamente partirono i ricorsi e nel 2014 il Consiglio di Stato sancì che, siccome l’offerta di Cdi (circa 60 milioni di euro) non era valida, si sarebbe dovuta riprendere la gara valutando l’unica altra offerta in campo, quella di Sns (circa 55 milioni di euro).

L’amministrazione straordinaria chiede 74 milioni di danni

La sede del ministero dello Sviluppo.
La sede del ministero dello Sviluppo.

Cdi fece resistenza e nulla accadde per un anno, nemmeno quando i giudici diedero a Mise e amministrazione il termine perentorio di 120 giorni per ottemperare alla sentenza.
Poi, a giugno 2015, qualcosa cominciò a muoversi, forse perché l’amministrazione straordinaria chiese a Cdi e Regione 74 milioni di euro di danni: l’udienza è fissata per il giugno 2016.
A quel punto si iniziò a correre per passare Siremar da Sns a Cdi, con tutte le complicazioni connesse al fatto che sono trascorsi quasi cinque anni dalla gara.
I TIMORI DEL MISE. Si arriva ai primi mesi 2016. Sns ha fretta, perché vuole la compagnia o il rimborso che ritiene le spetti, Mise e amministratori straordinari temono forse la responsabilità di non aver ottemperato per tempo.
E pure Cdi, sconfitta anche in Cassazione, comincia a pensare che sia meglio rinunciare, recuperando il possibile di quanto pagato e investito negli anni ed evitare ulteriori contenziosi. O, almeno, cominciano a pensarlo i suoi azionisti di maggioranza.
FAMIGLIA TARANTO CONTRO LA CESSIONE. La famiglia Taranto, titolare di un 20% del capitale mediante le società Davimar e Isolemar, infatti si oppone alla cessione di Cdi.
Zavorrata Cdi da 13,5 milioni di euro di perdite del 2013, il valore nominale della partecipazione è crollato di oltre il 60% e, inoltre, trascorsi i 120 giorni, la gara dovrebbe essere rifatta da zero.
Ancora, i Taranto eccepiscono che gli altri soci, Lauro e la Regione, abbiano preso accordi con le altre parti (Sns, Mise e Mit) senza il loro assenso, necessario secondo i patti sociali.
E infine evidenziano il danno erariale che l’operazione comporterebbe. Un po’ per la suddetta svalutazione dell’investimento in Cdi fatto anche dalla Regione, un po’ perché Sns ha preteso di non “ereditare” con Siremar i circa 5 milioni di euro di sanzioni pendenti comminate dal Mit e dalla Regione per le inadempienze agli obblighi di servizio pubblico.
I TENTENNAMENTI DELLA REGIONE. Il Mit acconsente mentre la Regione, pur desiderosa di tirarsi fuori per non rischiare un contenzioso milionario, inizialmente tentenna.
L’assessore ai Trasporti Giovanni Pistorio (Udc), grande sponsor dell’operazione, è favorevole, ma non quello all’Economia, Alessandro Baccei, toscano, ex Ernst&Young, imposto da Renzi alla giunta Crocetta per frenarne la propensione alla spesa.
L’11 aprile scorso, quindi, la Regione si presenta alla firma per il passaggio di Siremar a Sns emanando un decreto che autorizza la rinuncia alle sanzioni, condizionata però al placet della Corte dei Conti.

Un decreto cancella l’imprimatur della Corte dei Conti

L'armatore Vittorio Morace.
L’armatore Vittorio Morace.

Per le controparti si perde troppo tempo, così poche ore dopo ecco un altro decreto che cancella anche l’imprimatur della Corte dei Conti.
Baccei incassa e dichiara di «non saperne nulla, è materia che non rientra nella mia competenza», tutti firmano e i Taranto vanno in Corte dei Conti a Palermo e in Procura, a Roma.
Tutti, però, dimenticano l’Antitrust.
NESSUNO INTERPELLA L’ANTITRUST. Quando nel 2011 Siremar fu ceduta a Cdi, al Garante venne data preventiva comunicazione, perché la società acquisita fatturava più di 47 milioni di euro l’anno (come oggi: solo la sovvenzione ne vale 55,6).
E il Garante diede il suo benestare, solo dopo aver analizzato che la concentrazione che si stava configurando non avrebbe comportato restrizioni dell’offerta, perché gli acquirenti non esercitavano alcun servizio navale sulle medesime rotte.
Cosa che certo non si può dire degli acquirenti di oggi. Eppure né gli amministratori straordinari né i ministeri coinvolti hanno pensato di interpellare l’Antitrust.
CONTI DA SISTEMARE. C’è infine un ultimo aspetto meritevole di attenzione. Come confermato dall’assessore Pistorio durante la conferenza stampa con cui si è magnificata la chiusura dell’operazione (plauso pubblico anche da Simona Vicari, siciliana, ex sottosegretario del Mise, recentemente passata al Mit), alla Regione è stata proposta dal Mit la gestione diretta dei 55,6 milioni di euro di risorse annue.
Pistorio non l’ha detto, ma è facile supporre che tale apertura a una gestione decentralizzata – in piena controtendenza rispetto agli usi del governo, tanto più in Sicilia – derivi dalla contestuale pretesa ministeriale di chiudere per contro i rubinetti delle erogazioni regionali, onde puntellare i disastrati conti dell’ente.
ADDIO CONCORRENZA. Un forte rischio per chi (Ustica e Caronte), destinatario da anni delle generose sovvenzioni della Regione, controlla i trasporti marittimi della Sicilia, “disturbato” dalla sola concorrenza di Siremar.
Un rischio, però, che il passaggio della stessa Siremar nelle mani dei medesimi soggetti esorcizza completamente.

Fonte: Lettera43
di Andrea Moizo

 

 

 

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