Ustica sape

Aforismi, Citazioni, proverbi… del giorno


“Mi piace chi sceglie con cura le parole da non dire...”
(Alda Merini)

Dall’Avv. Francesco Menallo riceviamo e pubblichiamo


Il patto di collaborazione è lo strumento con cui il comune ed i cittadini attivi concordano tutto ciò che è necessario ai fini della realizzazione degli interventi di cura, rigenerazione e gestione dei beni comuni in forma condivisa

Cosa sono e come funzionano i patti per la cura dei beni comuni

Prosegue la riflessione sul diritto dell ‘ amministrazione condivisa

I patti di collaborazione sono il cuore del Regolamento, lo strumento giuridico che trasforma le capacità  nascoste degli abitanti di una città  in interventi di cura dei beni comuni che migliorano la vita loro e di tutti gli altri abitanti.
Come s’è già  visto, il percorso per arrivare concretamente a prendersi cura dei beni comuni si articola in tre passaggi ineludibili, dall’art. 118 ultimo comma della Costituzione al Regolamento e infine ai patti di collaborazione, in una scala che va dal massimo di generalità  al massimo di specificità , dal massimo di astrattezza al massimo di concretezza.
Ognuno di questi snodi è indispensabile e l’uno rinvia necessariamente all’altro, in una circolarità  di relazioni che a sua volta è una delle caratteristiche principali della sussidiarietà .

Niente patti senza Regolamento

Senza il Regolamento infatti il principio di sussidiarietà  avrebbe continuato ad essere inapplicato, come era successo dal 2001 al 2014, ma a sua volta il Regolamento è legittimato dall’essere fondato sulla Costituzione.
Senza i patti il Regolamento sarebbe inefficace, ma i patti senza il Regolamento sono per cosìdire ” vulnerabili ” e quindi di difficile attuazione perchà© manca loro quella infrastruttura di principi e regole contenuta nel Regolamento che li protegge e li rende operativi. Per questo motivo, quando ci viene chiesto un parere, scoraggiamo la stipulazione di patti in comuni dove non è ancora stato adottato il Regolamento, perchà© abbiamo constatato che poi la loro attuazione incontra molte difficoltà  riguardanti per esempio il riparto delle responsabilità , le assicurazioni, le verifiche, etc.

Il patto è uno strumento

Riprendiamo dunque il filo della precedente riflessione riguardante i primi quattro articoli del Regolamento (finalità , definizioni, principi, cittadini attivi) e anche in questo caso prendiamo come testo di riferimento la bozza del Regolamento per Roma alla cui redazione Labsus ha partecipato nell’ambito di un gruppo di lavoro interassessorile costituito dalla Giunta nella primavera 2015, perchà© tiene conto sia delle modifiche introdotte dai comuni che hanno finora adottato il Regolamento, sia delle osservazioni che sono state formulate nel corso dei circa cento incontri pubblici cui Labsus ha partecipato in tutta Italia dal marzo 2014 al gennaio 2016.
Il primo comma dell’art. 5 del Regolamento definisce la natura e il ruolo del patto di collaborazione, definito ” lo strumento con cui il Comune ed i cittadini attivi concordano tutto ciò che è necessario ai fini della realizzazione degli interventi di cura, rigenerazione e gestione dei beni comuni in forma condivisa ” .
Il patto, come il Regolamento,non è appunto niente altro che uno strumento per liberare energie, valorizzare capacità , rimettere in moto situazioni bloccate. Vale dunque anche per i patti quel modo di dire inglese, secondo il quale la prova della bontà  del budino si fa assaggiandolo. Mettiamoli alla prova, i patti di collaborazione, vediamo come funzionano, che problemi emergono e poi eventualmente introduciamo delle modifiche basate sull’esperienza, secondo il motto Operare conoscendo.

Concordano tutto ciò che è necessario

Per quanto riguarda i contenuti la formula dell’art. 5 è molto ampia. Comune e cittadini ” concordano tutto ciò che è necessario ai fini della realizzazione degli interventi di cura… ” .
Concordano è un verbo che fa subito capire cosa vuol dire concretamente l’art. 1, comma 3 del Regolamento quando afferma che la collaborazione tra cittadini e amministrazione ” si estrinseca attraverso l’adozione di atti amministrativi di natura non autoritativa ” dando vita all’amministrazione condivisa. Vuol dire, in sostanza, che i patti di collaborazione (non a caso chiamati appunto ” patti ” ) sono atti disciplinati dal diritto privato come i contratti, non di diritto amministrativo come gli accordidi cui all’art. 11 della legge n. 241/1990, che sono invece manifestazione del potere discrezionale della pubblica amministrazione.
Dal punto di vista formale la scelta di equiparare i patti di collaborazione ai contratti di diritto privato si fonda sull’art. 1, comma 1 bis, della legge n. 241/1990 (modificata ed integrata dalla legge n. 80/2005) che dispone che ” La pubblica amministrazione, nell’adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la legge disponga diversamente ” .
Dal punto di vista sostanziale invece la scelta di definire i patti di collaborazione ” atti amministrativi di natura non autoritativa ” è la logica conseguenza della parità  di rapporti che intercorre fra cittadini e amministrazione nell’ambito del modello dell’amministrazione condivisa, fondato sulla sussidiarietà . Cittadini e amministrazione sono alleati nella lotta contro la complessità  dei problemi, la scarsità  dei mezzi, l’aumento delle esigenze e in questa lotta condividono responsabilità  e risorse. Sono sullo stesso piano e i rapporti fra di loro devono pertanto essere disciplinati con strumenti giuridici che rispecchino questa nuova modalità  di rapporto fra istituzioni e cittadini, a sua volta fondata sul nuovo paradigma della sussidiarietà .

Tutto ciò che è necessario

Ma, concretamente, cosa concordano cittadini e amministrazione quando stipulano un patto di collaborazione? Tutto ciò che è necessario per realizzare in forma condivisa la cura, la rigenerazione e la gestione dei beni comuni. E’ una formulazione che lascia com’è giusto molto spazio all’autonomia contrattuale delle parti, le sole in grado di sapere cosa è necessario nelle circostanze date per realizzare nel modo migliore la cura condivisa dei beni comuni.
E’ una formulazione rispettosa della capacità  di giudizio e del senso di responsabilità  sia dei cittadini, che dovranno poi raggiungere gli obiettivi fissati dal patto da loro sottoscritto, sia dell’amministrazione, che comunque al momento delle elezioni deve rispondere agli elettori dei risultati ottenuti durante il mandato, compresi quelli raggiunti applicando il modello dell’amministrazione condivisa.

Schemi di patti

Trattandosi tuttavia di una normativa del tutto nuova, che disciplina fattispecie per le quali non esistono precedenti che possano aiutare l’amministrazione nella sua applicazione, il secondo e il terzo comma dell’art. 5 prevedono l’uno degli schemi tipo di patti e l’altro un elenco di ciò che il Regolamento ritiene sia opportuno i patti contengano, cosìda ” sostenere ” la redazione dei patti.
Il secondo comma dispone dunque che ” Il contenuto del patto è definito negli schemi tipo di patti allegati al presente Regolamento, ma può variare a seconda che si tratti di patti ordinari o patti complessi ” (artt. 7 e 8).
Il motivo della distinzione fra patti ordinari e patti complessi (che non era presente nel testo del Regolamento-tipo di Bologna) deriva dall’analisi dei circa 500 casi contenuti nella sezione Beni comunidi Labsus, una banca dati, unica nel suo genere, risultato di dieci anni di lavoro. Nella stragrande maggioranza di questi casi i cittadini risultano impegnati in interventi di cura dei beni comuni abbastanza semplici, che non richiedono grandi mezzi nà© particolari attrezzature o competenze.

Patti di collaborazione ordinari

Sono interventi per cosìdire di ” bricolage civico ” , di manutenzione ordinaria volta a rendere più vivibile e più bello uno spazio pubblico, un giardino, una scuola e cosìvia. Per regolare questo tipo di interventi sono sufficienti patti di collaborazione semplici come quelli previsti dall’art. 7 (Patti di collaborazione ordinari), che prevede che ” I cittadini che intendono realizzare interventi di cura di modesta entità , anche ripetuti nel tempo sui medesimi spazi e beni comuni, presentano la proposta di collaborazione riempiendo il modello A di cui al comma 2 ed inviandolo direttamente all’Ufficio, anche per via telematica ” .
Il modello A (che non è stato predisposto perchà© la caduta della Giunta capitolina interruppe le attività  del gruppo di lavoro sul Regolamento) è un form nel portale dedicato all’amministrazione condivisa, che contiene un elenco ” a mero titolo esemplificativo e non esaustivo, dei più frequenti interventi di cura di modesta entità  che i cittadini attivi possono realizzare e indica i presupposti, le condizioni e l’iter istruttorio per la loro realizzazione ” .
In pratica i cittadini che vogliono realizzare un intervento di cura di un bene comune riempiono il form con tutti i dati che servono per poter stipulare il patto di collaborazione e poi lo inviano per via telematica all’Ufficio per l’amministrazione condivisa. Ciò significa che, coerentemente con il nuovo paradigma del diritto amministrativo, i cittadini stessi gestiscono in via telematica sia la fase di iniziativa, sia una parte della fase istruttoria del procedimento amministrativo che porterà  alla stipula del patto di collaborazione.
A sua volta ” l’Ufficio identifica entro 15 giorni il Dirigente responsabile che, verificati il rispetto del presente regolamento e la fattibilità  tecnica,sottoscrive il patto di collaborazione e lo pubblica sul portale ” dell’amministrazione condivisa.

Patti di collaborazione complessi

L’art. 8 della bozza del Regolamento per Roma disciplina invece con molto maggior dettaglio la procedura che porta alla sottoscrizione di patti complessi, quelli che si sottoscrivono nei casi in cui ” I cittadini intendono realizzare interventi di cura origenerazionedi spazi obenicomuniurbani che comportano attività  complesse o innovative volte al recupero, alla trasformazione ed alla gestione continuata nel tempo di tali beni per svolgervi attività  di interesse generale ” .
In sostanza, si tratta di quegli interventi che comportano il recupero, la rigenerazione e la gestione in forma condivisa di beni pubblici o privati abbandonati o sottoutilizzati, per fini di interesse generale.Come è giusto, in tali casi la procedura è molto più dettagliata e prevede fra le altre cose forme di pubblicità  e di partecipazione ulteriori, a garanzia dell’interesse generale.

Creare una casistica e i precedenti

E’ probabile, anzi sicuro, che nel tempo si andrà  stratificando una casistica dei patti di collaborazione, creando anche in questo settore quei precedenti che spesso nelle amministrazioni pubbliche sono la vera bussola quotidiana. Labsus, come già  ha fatto e continua a fare per le esperienze raccolte nella sezione Beni comuni, accompagnerà  la creazione di tale casistica pubblicando i testi dei patti che man mano verranno stipulati, commentandoli laddove contengano spunti di particolare interesse anche per altre situazioni. Lo stesso faremo per i form dei patti di collaborazione ordinari, cosìda facilitare lo scambio di informazioni e di esperienze fra comuni.
Naturalmente, come per tutti i materiali presenti nel nostro sito, anche la banca dati dei patti sarà  gratuitamente a disposizione degli amministratori e dei cittadini che vorranno trarre spunto dai documenti pubblicati.

Un elenco utile, ma non tassativo

Infine, il comma 3 dell’art. 5 contiene l’elenco, assolutamente non tassativo ma orientativo, di ciò che il Regolamento ritiene sia opportuno che i patti contengano. Questo elenco ovviamente meriterebbe un commento dettagliato ma questo articolo è già  troppo lungo cosà¬. Sarà  per un’altra volta, forse.
Qui ci limitiamo a sottolineare che il contenuto dei patti può variare non soltanto a seconda della tipologia (ordinari o complessi) ma soprattutto a seconda del tipo di intervento, del tipo di beni comuni, della situazione locale, delle risorse disponibili, etc. etc. Si ritorna a quanto si diceva sopra commentando il primo comma: ” …comune e cittadini concordano tutto ciò che è necessario ai fini della realizzazione degli interventi di cura… ” . E’ una formulazione che lascia molto spazio all’autonomia ed al senso di responsabilità  delle parti, le sole in grado di sapere cosa è necessarionelle circostanze date per realizzare nel modo migliore la cura condivisa dei beni comuni.

Per tutti gli aggiornamenti sullo stato di attuazione del Regolamento nei Comuni italiani vai alla  sezione dedicata  di Labsus

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Domanda: E’ cultura avere cura del territorio e rendere sicuri e fruibili le infrastrutture?


Ho apprezzato e condiviso l’articolo di Gabriella Bertacci, mia cugina, certo ha toccato secondo me nel segno, perche’ vero e’ che il centro studi nei suoi anni di attività ha dato lustro alla nostra isola culturalmente rendendoci orgogliosi delle nostre radici isolane mettendo in evidenza le varie sfaccettature socio culturali di noi usticesi, vero e’ che la cultura in tutte le sue forme deve essere sempre e comunque promossa e incentivata soprattutto in una realtà come la nostra. Sono orgoglioso di come i miei compaesani hanno sentito il bisogno di dissentire di quanto accaduto al centro studi, ma allo stesso tempo non posso che essere d’accordo sulle osservazioni di Gabriella ove fa notare a tutti noi usticesi sostenitori e amanti della cultura in quale stato vessano le nostre scuole da diversi anni, quindi sarei stato piu’ orgoglioso di noi usticesi se tutto il polverone alzato per il centro studi che merita sicuramente rispetto,fosse stato alzato nello stesso modo e con la stessa veemenza e amore per le nostre SCUOLE. Sedi primarie della CULTURA perche’ e’ lì che si forgiano le nuove generazioni,e’ lì che si gettano le fondamenta culturali per i nostri giovani. A meno che non si debba pensare che e’ il momento che ci rende piu’ sensibili a certe tematiche, ma non voglio e non posso crederci altrimenti si rischia di entrare in un campo minato dove ognuno si sente in dovere di recriminare o polemizzare su ogni cosa. Confido nella MATURITA’ e nel BUONSENSO di tutti noi USTICESI,visto il momento non certo felice socialmente politicamente ed economicamente che stiamo vivendo nella nostra isola e su tutto il territorio nazionale. Per il futuro vorrei vedere infervorarsi i miei compaesani sempre e’ comunque quando si tratta del bene della nostra comunita’ Usticese. Condivido anche il pensiero dell’Amico TALEBANO, Giovanni Palmisano all’anagrafe, che mi e’ stato vicino in questi mesi d’inferno che mi hanno stravolto l’esistenza, dopo la perdita’ del mio MERAVIGLIOSO FIGLIO. CREDETEMI e’ STRAZIANTE E ALQUANTO SCONCERTANTE per me e la mia famiglia partire con la nave di linea e attraccare all’arrivo ad Ustica nella stessa MALEDETTA BANCHINA DOVE…… e constatare che non e’ cambiato nulla, come se niente fosse successo. Quel luogo era ed e’ un pericolo costante. Al di la di ogni considerazione personale mi chiedo e vi chiedo se non e’ cultura avere cura del territorio e delle infrastrutture dove viviamo e soprattutto renderli fruibili e sicuri per tutti sotto ogni punto di vista. Un saluto affettuoso.

Domenico Licciardi.

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COMMENTO

Da Ustica Giorgio Tranchina

Hai ragione Domenico, troppo tempo si è stati con le mani in mano. Speriamo solo che tutto questo dibattito non sia dovuto al periodo elettorale e alla fame di voti, ma ad un interesse reale verso ciò che dovrebbe starci a cuore, cioè come tu hai detto bene la cura del territorio e la sicurezza di ogni singolo Usticese. Devo dire che la decadenza delle strutture scolastiche era stata documentata in questo blog anche con il supporto di immagini, come per esempio il degrado che vi è al posteggio fuori dal paese.
Se anche qualcuno avesse voluto sostenere che il sindaco e l’amministrazione non hanno responsabilità in tutto ciò, penso debba rivedere il suo punto di vista quanto prima, perchè l’indifferenza delle istituzioni è palese.
Serve una consapevolezza collettiva perchè come hai detto tu il momento è socialmente, economicamente e politicamente negativo.
Se non si arriva alla consapevolezza che tutti noi siamo colpevoli non volteremo mai pagina.

Un abbraccio

Giorgio

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Da Palermo Francesco Menallo

Se le istituizioni sono immobili sono i cittadini che devono farlo; basta deleghe in bianco……ogni sei mesi verifica pubblica di quello che fanno “dentro il palazzo”!

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Dalla California Agostino Caserta

D’accordo con Angela ed aggiungo : e’ Civilta’ che ando’ in ecclisse parziale circa 3 lustri fa e ora e’ totale.

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Da Ustica Angela D’Angelo

Si! E’ CULTURA!!!

 

 

 

 

 

 

Ustica prima della “cura”


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Mostra Fotografica a Cura di Bruno Campolo

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COMMENTO

Da Palermo Eliana Dominici

oh Bruno!

Che piacere rileggere di te……cercherò di venire una mattina con la prima corsa , vederla, inebriarmi , fare delle foto se concesso e rientrare con l’ultima corsa della sera…..Ne approfitterò pure per un famoso caffè con un paio di amici che ho lì…….Felice di che tu sia dinuovo alla carica……

Un abbraccio

eli

 

Piazza Capitano Vito Longo “prima della cura”


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Piano Cardoni – prima della “cura”…


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