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USTICA COME ERAVAMO


Si conclude con questa puntata il racconto fattoci dall’amico Felice Longo e resoci disponibile dal Centro Studi e Documentazione Isola di Ustica cui va il nostro  ringraziamento, sui giochi che tanti anni fa i ragazzini usticesi facevano lungo le strade e le piazze del loro borgo. Giochi semplici ma che facevano volare la fantasia e alimentavano la gioia nell’incontrarsi e nel condividere quel nulla di concreto e costoso di cui potevano disporre ma  quel tanto entusiasmo che profondevano nel dare sfogo alla propria irrefrenabile energia.

In tal senso è utile rileggere le parole con cui  Longo descrive il “patrimonio” ludico in mano a quei ragazzi. 

“ Gli unici giocattoli esistenti sull’isola appartenevano alla parrocchia che li faceva utilizzare sul terrazzo della chiesa solo il sabato pomeriggio prima della riunione dell’Azione Cattolica. Per il resto della settimana, per avere qualcosa che somigliasse ad un giocattolo, bisognava usare la fantasia.”

Ebbene osiamo sperare che qualche nonno che ci abbia fin qui onorato della sua attenzione e abbia letto quanto abbiamo pubblicato sull’argomento si faccia carico, se mai riuscirà a sottrarre il nipotino al cellulare o alla play station, di ricordargli l’ingenuità di quei giochi che erano stati  il passatempo dei suoi pomeriggi e la palestra in cui aveva esercitato la propria acerba muscolatura ma, soprattutto aveva forgiato il proprio carattere sociale. Se ci riuscirà avrà dato un significato al nostro impegno per la memoria e sarà riuscito in qualche modo nel tentativo di far meglio comprendere al nipotino “come eravamo

“I STRUMMULI”

“Eravamo già più grandicelli quando da Palermo arrivarono le prime trottole (“i strummuli”) che potevano essere comprate con poche lire; il terreno, con fondo sabbioso adatto a far girare la “strummula”, era quello del monumento ai Caduti dove il gioco metteva di fronte le “strummule” più belle che, dopo essere state lanciate con l’aiuto di un cordino, giravano a terre e poi venivano abilmente fatte saltare sulla mano del giocatore.”

“U CIRCULU”

“I cerchi centrali di lamiera delle botticelle da vino dette “varrili” servivano a creare “u circulu”. Con l’aiuto di un fil di ferro con la punta piegata a U si modellava il “cuccinu” che serviva a spingere ed a far ruotare il cerchio sempre più veloce, correndo e facendo delle curve.

“A BALATA”

“Altro gioco praticato era “’a balata”: il nome traeva origine dai sedili della villa del monumento ai Caduti, detti “balati” che avevano una forma rettangolare allungata e una struttura liscia a base di cemento. Era un gioco con soldi o, in mancanza di questi, con tappi a corona schiacciati, detti “birri”, che si svolgeva proprio sulle “balate”. Si faceva la puntata di poche lire a testa, posizionando le monete sopra un bottone di cappotto che aveva funzione di pallino, posto ad una estremità della “balata”.

I giocatori si disponevano all’altra estremità e con l’uso di una moneta fuori corso ben limata ( ‘u pezzu lisciu” n. d. r.) quasi sempre un vecchio pezzo da due lire con funzione di boccia), stabilito il turno di tiro, la facevano scivolare, cercando di colpire il pallino che, schizzando via, assegnava o meno la vincita. I soldi, per essere aggiudicati al lanciatore, dovevano risultare più vicini al pezzo lanciato che al pallino. Se ciò non avveniva, il diritto di tiro passava al giocatore successivo per poi ripartire con un nuovo giro.”

A cura della Redazione di UsticaS.A.P.E.

USTICA COME ERAVAMO


Prosegue la pubblicazione dei giochi praticati dagli adolescenti usticesi nei lontani anni ’50. E’ la volta di due attività che mettevano a dura prova la capacità di equilibrio, la resistenza fisica dei partecipanti e la capacità, anche, di assorbire con pazienza ed in silenzio qualche colpo proibito come un “involontario” calcetto sul sedere da ricambiare non appena possibile ma senza cattiveria e sempre con grandi risate.

 “ABBIRI CA TI VEGNU!!!”

 Gioco a squadre, preferibilmente con quattro giocatori ciascuna. I due rappresentanti delle squadre facevano la conta (paru e sparu) e il perdente andava “sotto” con la sua squadra. Andare “sotto” significava porsi uno dietro l’altro tenendosi aggrappati al bacino del compagno davanti e con il busto flesso così da costituire, tutti insieme, il “cavallo”. I componenti dell’altra squadra saltavano a turno e si posizionavano sul “cavallo” in perfetto equilibrio facendo attenzione a non toccare con i piedi per terra e cercando di lasciare spazio sufficiente per il salto del successivo compagno.

Al quarto salto senza che si fossero verificate irregolarità, ad esempio il cedimento del “cavallo” o la caduta sei saltatori, veniva pronunciata la frase convenuta: “Abbiri ca ti vegnu….quattru e quattr’otto scarica ‘na botta aceddu cu li pinni scarica e vattinni”. A quel punto il gioco andava ripetuto con gli stessi criteri, fino a quando i cavalieri commettevano qualche errore che permetteva l’inversione delle parti in gioco.

 “‘U TRAVU LONGU”

 “Prevedeva il coinvolgimento di molti giocatori. Il primo, busto flesso in avanti e mani sulle ginocchia, veniva saltato da un compagno che dopo si metteva davanti a lui nella stessa posizione. Lo schema veniva ripetuto da tutti, uno dopo l’altro; il primo partecipante dava inizio, allora, ad un nuovo giro di salti che si concludevano soltanto in un punto di arrivo stabilito in precedenza. Si formava, così, una lunga linea di saltati e saltatori, “u travu longu”, in movimento.

Il punto di partenza, quasi sempre, era la curva della Rotonda oppure la Ruttazza e il punto di arrivo era il muro sotto il palchetto attraversando tutta la piazza in salita. Non c’erano vinti né vincitori ma tante risate ad ogni salto e litri di sudore versati.

A cura della redazione di UsticaS.A.P.E. 

 

 

 

USTICA COME ERAVAMO


Ripercorrere la storia di un paese è l’unico modo per non dimenticarne le abitudini, gli usi, gli aspetti della socialità, in una parola, la vita. In questa direzione ha operato e continua a farlo il Centro Studi di Ustica che, con dedizione e metodi scientifici è riuscito non soltanto a salvare la memoria di un passato sempre più sconosciuto alle nuove generazioni ma a promuoverne la conoscenza attraverso le pubblicazioni che di quella storia ha prodotto e di cui ci serviremo per divulgarne taluni aspetti.

Spesso tale conoscenza, anche per ovvi motivi logistici o per apatia, non riesce a raggiungere ampi strati di utenza ed è per questo motivo che UsticaS.A.P.E., conscia del valore di quei documenti e nei limiti della propria capacità espositiva, ha deciso di offrire ai propri lettori alcune pagine di quel sapere antico inaugurando la rubrica “USTICA COME ERAVAMO”. Sarà una serie di flash sul passato, di vita vissuta, di esperienze che appartengono alla memoria ormai di pochi sopravvissuti ma che possono servire alle nuove generazioni per meglio comprendere e valutare la profonda differenza tra la loro vita e quella di chi li ha preceduti.

Ci prefiggiamo lo scopo, infatti, di riportare antichi ricordi a quanti hanno fisicamente partecipato a quel tipo di vita ma soprattutto di indurre i giovani ed i giovanissimi a conoscere il mondo vissuto dai propri genitori e dai propri nonni e bisnonni.

Un mondo, quello che iniziamo a raccontare in questa prima puntata e in altre successivamente in cui l’elettronica non aveva chiuso i ragazzi in un preclusivo recinto di telefoni cellulari e videogiochi ma che promuoveva la socialità adolescenziale attraverso il movimento, la partecipazione corale, il contatto fisico, la competizione amichevole, il rapporto aperto tra le classi sociali e anche qualche sano livido o sbucciatura alle ginocchia.

Ringraziando, quindi, il Centro Studi e, per l’argomento che tratteremo per queste prime puntate, l’Amico e compaesano Felice Longo autore dello studio di cui riporteremo integralmente le parole, apriamo oggi il capitolo sui giochi degli adolescenti Usticesi negli anni ’50 cui i redattori, per loro fortuna, hanno partecipato.

UsticaSAPE, la Redazione

“Â GUERRA”

“Quella vera era finita solo da pochi anni con distruzione e morte come mai era accaduto in altri conflitti bellici. Noi ne facevamo un gioco di destrezza dove le armi non venivano nemmeno menzionate. Campo di gioco era il palchetto sotto la chiesa dove due squadre, con numero variabile di partecipanti, si fronteggiavano difendendo il proprio campo-base e cercando di catturare gli avversari. Chi lasciava per primo il proprio campo era catturabile dall’avversario che usciva dopo dal suo; se il primo era in difficoltà poteva mettersi in salvo rientrando alla propria base. Più partecipanti potevano uscire e rientrare assumendo alternativamente il ruolo di cacciatore o preda. Chi veniva toccato finiva prigioniero nell’area dell’avversario ma poteva essere liberato se un compagno riusciva a penetrare nel campo nemico senza farsi toccare e toccando il prigioniero.

Il gioco assegnava un punto quando tutti gli avversari erano stati catturati; l’azione offensiva massima si otteneva quando si riusciva a penetrare nel campo avversario conquistandolo al grido di “vittoria!”, senza essere toccati. Chi possedeva una corsa più veloce ed una buona abilità nello scansare il tocco avversario, esibendo le famose “canziate”, veniva nominato capitano e indirizzava le strategie della squadra.

La fine giungeva solo per manifesta inferiorità di una delle due squadre o, semplicemente, per cambiare gioco.”

Continua…

  

Ustica. panorama , come eravamo


Ustica vista porto, come eravamo

Ustica come eravamo, Cala S. Maria con vaporetto anno 1950


Ustica come eravamo, Cala S. Maria con vaporetto anno 1950

Ustica, come eravamo – panorama visto dal boschetto


Ustica, Come eravamo – panorama visto dal boschetto

Ustica, come eravamo


Ustica, come eravamo

Ustica, come eravamo


Ustica, come eravamo

Ustica anni ’60 – come eravamo


come eravamo

Ustica anni ’60 – panorama dalla Falconiera, come eravamo


Ustica, panorama dalla Falconiera

Ustica, come eravamo e come siamo


Ustica, come eravamo e come siamo

Ustica, come eravamo


Ustica, come eravamo
Ustica, come eravamo

Ustica, come eravamo…


Ustica, come eravamo
Ustica, come eravamo

Ustica come eravamo, vapore


Ustica come eravamo, vapore
Ustica come eravamo, vapore

Ustica piazza, come eravamo


Ustica piazza, come eravamo
Ustica piazza, come eravamo

Ustica zona portuale, come eravamo


Ustica zona portuale, come eravamo
Ustica zona portuale, come eravamo
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