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Emergenza CO2 a Fiumicino: raddoppiano le emissioni di gas di origine profonda


[ id=19761 w=320 h=240 float=left]ESCONO 20 TONNELLATE DI GAS AL GIORNO

A fine agosto una trivellazione ha innescato la fuoriuscita presso l’aeroporto. Da alcuni giorni nuovo problema in mare

Alla fine di agosto, quando si è manifestato per la prima volta, era sembrato niente di più che un fenomeno curioso e divertente, quasi un’attrattiva per turisti e curiosi che facevano la fila per vederlo, congestionando il traffico locale. Ora però la cosa è apparsa anche in mare, a 2 km di distanza. Sulla terraferma una specie di vulcanetto freddo di gas e di fango, con uno sbuffo alto un paio di metri, era spuntato improvvisamente alla periferia dell’abitato di Fiumicino, in una rotonda stradale a pochi metri dalla recinzione che delimita il versante meridionale dell’aeroporto iternazionale. Ma dopo gli ultimi rilievi effettuati da un gruppo di ricercatori dell’Università della Sapienza e del reparto di geochimica dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), il fenomeno si è trasformato in un’emergenza geologica da tenere sotto controllo perché potrebbe comportare rischi per la popolazione residente nei dintorni, non per la nascita di un nuovo vulcano, ma per l’abbondante risalita di anidride carbonica.

EMERGENZA CO2 – «Abbiamo misurato flussi di anidride carbonica di circa 20 tonnellate al giorno che tendono a espandersi dalla rotonda stradale di via Coccia di Morto, l’area in cui sono manifestati il 24 agosto scorso, fin nei terreni circostanti, entro un raggio che ha raggiunto i cento metri dal punto di emissione originario», riferisce Maria Luisa Carapezza, vulcanologa dell’unità di geochimica dell’Ingv. L’anidride carbonica, famosa come il gas che riscalda la Terra, è presente nell’aria in percentuali bassissime (0,04%); ma se supera il 5% diventa letale per gli uomini e per gli animali perché impedisce l’ossigenazione del sangue. Per di più, essendo inodore, incolore e più pesante dell’aria, rappresenta una minaccia subdola e invisibile. Per questo tutta la zona interessata dai flussi di gas è stata recintata e sottoposta a un controllo stretto da parte degli studiosi, i quali non nascondono che, se la bolla di gas dovesse continuare a espandersi verso l’abitato, si dovrebbe ricorrere allo sgombero delle case più direttamente minacciate.[ id=19760 w=320 h=240 float=right]

ORIGINE PROFONDA – Sull’origine del fenomeno, in un primo tempo si era pensato, o forse sperato, in un’emissione proveniente da una sacca di biogas superficiali che si sarebbe presto esaurita. Ma i rilievi geochimici hanno invece accertato un’origine molto profonda dell’anidride carbonica e una tendenza alla persistenza delle emissioni, a meno che non si ricorra a importanti interventi tecnici per bloccarla. «Tutta la fascia di terra che si affaccia sul Tirreno centrale è stata interessata, nel lontano passato, da manifestazioni vulcaniche», spiega la dottoressa Carapezza. «Qui la crosta terrestre è segnata da faglie profonde e da antiche vie di risalita del magma. Di quella attività ormai estinta esistono ancora flussi di anidride carbonica che hanno origine in uno strato profondo della Terra chiamato mantello e che tendono a emergere in superficie. Ma potenti strati di argille e sedimenti fluviali accumulatisi successivamente, hanno come sigillato i gas vulcanici, confinandoli nelle profondità».

TRIVELLAZIONE – L’intervento dell’uomo ha rotto il delicato equilibrio. «Si è potuto accertare», prosegue la ricercatrice, «che il vulcanetto si è formato subito dopo una trivellazione effettuata nella zona da un’azienda che stava realizzando una rete elettrica per la quale era necessaria una presa di terra molto profonda. Le trivelle si sono spinte fino a 30 metri, oltrepassando lo strato argilloso, fino a raggiungere le sacche di anidride carbonica ad alta pressione, che è schizzata in alto assieme ad acqua sotterranea e fango. Ora, poiché l’alimentazione del gas profondo è persistente, l’unico rimedio sembra quello di intervenire iniettando nel terreno uno speciale cemento sigillante chiamato gas block, a cui si ricorre in casi del genere». La Carapezza ricorda che non è la prima volta che gli interventi dell’uomo in quest’area hanno scatenato emergenze geologiche.

ANCHE IN MARE – Che il fenomeno non sia localizzato e riguardi un’area molto vasta è dimostrato da un’altra improvvisa emergenza di gas in mare: «Nel giorni scorsi le autorità marittime ci hanno segnalato il ribollire delle acque, in una zona distante circa due chilometri in linea d’aria dalla rotonda di via Coccia di Morto», riferisce Carapezza. «Abbiamo effettuato i campionamenti e le analisi confermano anche qui abbondanti flussi di anidride carbonica. In questo caso l’emergenza del gas è stata provocata da un saggio penetrometrico in vista dei lavori per il nuovo porto di Fiumicino». Giancarlo Ciotoli, geologo della Sapienza impegnato nel monitoraggio del fenomeno, rincara la dose: «Perforazioni future e scavi nel delta del Tevere dovrebbero essere basati su una conoscenza precisa della distribuzione di gas endogeni nel substrato geologico». Intanto il fenomeno, per l’importanza dei suoi risvolti scientifici e tecnici, ha richiamato in Italia anche un team di ricercatori americani della Indiana University, che lo stanno indagando assieme ai colleghi dell’Ingv e dell’Università della Sapienza.

02 ottobre 2013

Franco Foresta Martin
Fonte: Corriere della Sera

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COMMENTO

Da Velletri (Roma) Antonella Carrubba

Articolo interessantissimo, soprattutto piuttosto “raro” in questi giorni in cui le televisioni sembrano convergere esclusivamente in maniera monotematica su un argomento certamente di notevole importanza politica ed economica anche a livello internazionale,… ma, come al solito, certi interessi prevalgono su quelli inerenti la salute pubblica!

Giorni fa avevo appreso dell’evento straordinario da un breve servizio su un Tg nazionale…poi il nulla. Così ho pensato che si trattasse solo di un fenomeno curioso che accade in maniera occasionale. Lo avevo associato ai vulcanelli di maccalube di Aragona, in provincia di Agrigento, ma sembrerebbe invece trattarsi di qualcosa di molto più serio!

Grazie, Franco, per averci dato la possibilità di saperne di più.

Mi auguro che il problema sia risolto in tempi brevissimi, per ovvie conseguenze nei confronti degli abitanti e di tutto l’ambiente della zona…e che l’attenzione delle televisioni si sposti quanto prima verso l’approfondimento di questo fenomeno di interesse non solo geologico.

 

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