In questi giorni si trova ad Ustica il prof. Robert H. Tykot, rinomato archeo-antropologo della USF, University of South Florida, oltre che uno dei maggiori esperti mondiali nello studio delle ossidiane, quei vetri vulcanici utilizzati nella preistoria come strumenti da taglio. Dopo la conferenza internazionale sullo studio delle ossidiane, che si è tenuta a Lipari all’inizio di giugno, il prof. Tykot ha accettato l’invito del Laboratorio Museo di Scienze della Terra Isola di Ustica e del Centro Studi e Documentazione a venire a Ustica per effettuare uno studio sistematico delle centinaia di ossidiane raccolte nel corso degli anni in corrispondenza dei principali insediamenti archeologici dell’isola. A questa iniziativa hanno dato il loro consenso la Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali e la dottoressa Francesca Spatafora che ha diretto gli ultimi scavi del Villaggio dei Faraglioni di Ustica. Ma perché tanto interesse scientifico per le ossidiane? Lo hanno spiegato lo stesso Tykot e Franco Foresta Martin, direttore del Laboratorio Museo, nel corso di un incontro con gli studenti presso l’Istituto Comprensivo di Ustica: «Perché nella preistoria questo vetro vulcanico veniva trasportato da Lipari, Pantelleria, Sardegna e Monte Arci, cioè dagli unici quattro giacimenti di ossidiana utilizzati nel Mediterraneo Centrale e Occidentale, fino ai numerosi villaggi archeologici, distanti anche centinaia di km, attraverso una rete di scambi ancora in gran parte da ricostruire e da interpretare. Con i moderni metodi di analisi geochimica è possibile determinare da dove viene e che funzione aveva ogni singolo frammento di ossidiana (coltello, punta di freccia, grattatoio, eccetera). Insomma è possibile ricostruire una parte fondamentale delle attività e delle relazioni degli uomini preistorici, migliaia di anni fa». L’interesse del prof. Tykot per Ustica è ultra ventennale. Pur non essendo mai venuto nell’isola (questa è la sua prima visita), nel 1995 Tykot analizzò nel suo laboratorio all’Università della Florida 12 ossidiane del Villaggio dei Faraglioni di Ustica, determinando che 11 erano state importate da Lipari e 1 da Pantelleria. Negli anni seguenti Franco Foresta Martin, all’epoca presidente del Centro Studi e Documentazione Isola di Ustica, avviò uno studio su un maggior numero di schegge di ossidiana, ed esaminando con metodi ottici in luce trasmessa numerose altre ossidiane usticesi determinò che gli scambi preistorici di Ustica con Pantelleria non erano casuali e sporadici, ma avevano una certa consistenza, dato che le percentuali di ossidiane pantesche che si trovano nella nostra isola variano tra l’8 e il 12%. Queste percentuali sono state successivamente confermate da analisi archeometriche effettuate a Ustica dal prof. Giuseppe Pappalardo dell’INFN di Catania, appositamente coinvolto dal Centro Studi. Così, quelli che talvolta vediamo brillare fra la terra come insignificanti frammenti di vetro scuro, ci stanno raccontando, a poco a poco, le attività e le abitudini dei nostri antenati che vissero Ustica alcune migliaia di anni fa. «Sono grato al prof. Tycot –aggiunge il presidente Vito Ailara- per aver accettato di estendere le analisi anche alle numerose schegge raccolte in superficie nei siti di interesse archeologico da privati e messe a sua disposizione per intercessione del nostro Centro Studi. Considerato che di queste ultime sono indicate le località di ritrovamento potrebbero ricavarsi più ampie indicazioni sulle relazioni commerciali dei preistorici che hanno vissuto sull’isola sin dal Neolitico».
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