Ustica sape

La strage di Ustica non accadde a Ustica. Intervista al giornalista Franco Foresta Martin


La strage di Ustica non accadde a Ustica. Intervista al giornalista Franco Foresta MartinIl giornalista scientifico Franco Foresta Martin
di Sonia Topazio

 

Confessiamo che per molti di noi è una novità: la Strage di Ustica, di cui il 27 giugno si è celebrato il 35mo anniversario, rendendo omaggio alla memoria delle 81 vittime precipitate in mare con il DC9 dell’Itavia, non fu a Ustica. L’isola del basso Tirreno non c’entra affatto.

Se n’è parlato proprio a Ustica in una conferenza-dibattito di due giorni organizzata dal locale Centro Studi di Ustica, dall’IRASE e dall’Hotel Ustica Punta Spalmatore, con la partecipazione di insegnanti venuti da tutta Italia.

Tema dell’evento: “Dalla notizia al (altro…)

Il luogo incantato


“Quando a Ustica sbarcarono gli Alieni”
Recensione del romanzo fantastico di Vittorio Arnò
Fonte: Franco Foresta Martin su “Lettera del Centro Studi e Documentazione Isola di Ustica”,
N. 42/43, 2013, pag. 60.

[ id=19794 w=320 h=240 float=left]Vittorio Arnò
IL LUOGO INCANTATO
Editore Albatros
€ 14,90

Un romanzo di fanta-ecologia on the road, in cui i luoghi e le meraviglie del paesaggio usticese diventano lo sfondo per una storia tanto immaginaria quanto carica di insegnamenti sulla necessità di vivere in armonia con la natura e con gli altri esseri viventi.
Questo, se dovessi condensarlo in poche righe, il contenuto del volume «Il luogo incantato», opera prima di Vittorio Arnò, 38 anni, usticese, autore di testi teatrali e presidente di una cooperativa giovanile che opera nel settore dei beni culturali e ambientali.
La vicenda racconta lo sbarco e il breve ma intenso soggiorno a Ustica dell’extraterrestre Arthur, venuto in missione esplorativa sulla Terra alla ricerca di un luogo che possa accogliere gli abitanti del suo pianeta Amor, condannati al gelo di una catastrofica glaciazione, nonostante l’elevato livello evolutivo e
tecnologico raggiunto.
A bordo dell’astronave Arkadia, Arthur era intento a una ricognizione dall’alto di continenti e oceani terrestri, quando scorge un’isoletta: «Un mondo fiabesco proliferante di vita subacquea». È così forte l’emozione suscitata dalla bellezza di Ustica, che l’alieno perde il controllo della navicella e cade giù, per fortuna illeso, proprio davanti alla Grotta Azzurra.
Inizia così un tour attraverso i luoghi-simbolo di Ustica, quelli che i suoi abitanti mostrano con orgoglio ai turisti e che tutti i visitatori dell’isola conservano indelebilmente nella memoria e nel cuore: la Cala e la Torre S. Maria, il Sentiero di Mezzogiorno, la Faglia dell’Arso, il Faro di P. Cavazzi, l’Anfitetatro, la Torre di Spalmatore, lo Scoglio Omerico, il Villaggio Preistorico, la Falconiera …
Ma l’intento dell’autore non è certo quello di compilare una nuova guida turistica, anche se l’accuratezza della descrizione e lo sfondo storico e leggendario dei luoghi citati rendono l’itinerario concretamente e piacevolmente fruibile.
Arnò, piuttosto, vuole sollecitare una riflessione sulla necessità di rispettare e custodire quel bene prezioso rappresentato dalle risorse naturali di Ustica: al Porto sente il pungente odore degli idrocarburi e si chiede se non se ne possa limitare l’impatto ambientale; sotto la Falconiera si compiace nel vedere il depuratore delle acque nere in funzione, ma si meraviglia del mancato riciclo dei suoi prodotti.
Insomma, Arnò fa emergere la contraddizione fra la preziosità del ‘luogo incantato’ e la cattiva gestione del suo ambiente. Tutto questo senza atteggiamenti da ecologo oltranzista, al contrario riconoscendo che un uso equilibrato dei prodotti della natura da parte dell’uomo fa parte dei cicli naturali. E con animo disposto alla tolleranza. Vede dei ragazzi che hanno catturato un pesce nella zona di riserva integrale, ma li perdona perché: «il loro cuore era puro e l’animo sensibile».
Lungo il suo itinerario fra contrade, coste e mare di Ustica, Arthur, accompagnato dal suo prezioso androide Gnosis, conosce alcuni usticesi che, superato lo sbalordimento per le antennine che spiccano sulla sua testa, gli diventano amici e lo aiutano a convincere la popolazione a dare asilo agli abitanti di Amor.
Ma proprio quando il sindaco di Ustica delibera l’accoglienza degli alieni, i poteri forti del pianeta, temendo gli effetti destabilizzanti della filosofia ecologista e pacifista da essi propugnata, tentano di arrestare Arthur.
L’alieno non può fare ameno di usare i suoi straordinari poteri per liberarsi e tornare nel suo pianeta da dove, nel frattempo, gli è giunta la felice notizia dello scampato pericolo glaciale.
Conclusione agrodolce, tuttavia con un filo di speranza per Ustica e per il pianeta Terra. I germi della filosofia di Amor sono ormai stati seminati e chissà che presto non diano i loro buoni frutti.
Intanto gli usticesi, riconoscenti, hanno eretto un monumento all’alieno che portò una sensibilità nuova nell’isola. Sapete dov’è? Nel piccolo belvedere del Passo della Madonna, dove campeggia la scultura in ferro battuto di uno strano essere con due antenne in testa. Per Vittorio Arnò, quel simulacro è proprio l’Arthur del suo romanzo fantastico!

Franco Foresta MartinFRANCO FORESTA MARTIN

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COMMENTO

Da Maria Stefania Carraresi

 

“”Ho iniziato a leggere il libro di Vittorio, persona eclettica e sensibile, innamorato della sua terra che con ogni mezzo cerca di far conoscere al mondo. Penso che il libro vada letto dopo aver visitato Ustica, dopo aver gustato con ogni senso quell’autentico paradiso che ti fa sentire nello stesso momento grande e piccolissimo ma a proprio agio nell’Universo. Leggendo il libro si potranno così rivivere queste sensazioni. Bravo Vittorio! Non cambiare mai””

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Da Flavia

Un libro molto originale che fa riflettere su quanto spesso non si presti sufficiente attenzione alle bellezze che ci circondano… Con uno sfondo magnifico: la bellissima Ustica! Sarà uno dei prossimi acquisti! Un saluto e in bocca al lupo per i tuoi futuri progetti.

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Da Francesco Bettanello

luogo incantato,ospitalita’ meravigliosa

Tra Europa e Africa spunta la micro-placca siculo-iblea


Carissimi,

vi segnalo un articolo uscito oggi sul Corriere della Sera Online del nostro Amico e compaesano Franco Foresta Martin in cui si parla di una importante scoperta geofisica che coinvolge la nostra Isola.

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INDIVIDUATA DAI RICERCATORI DELLA SEZIONE DI CATANIA DELL’INGV

Tra Europa e Africa spunta la micro-placca siculo-iblea
È la responsabile dei maggiori terremoti avvenuti nella Sicilia orientale
I confini della placca Siculo Iblea (Ingv Catania)

MILANO – Stretta in una morsa fra la grande placca euroasiatica e quella africana, si è delineata una placca minore che i geofisici hanno battezzato «blocco siculo-ibleo». Essa comprende gran parte della Sicilia e dei mari circostanti, fa parte della placca africana, ma ha una sua dinamica peculiare, ed è responsabile dei grandi terremoti cui va soggetta la Sicilia. La descrizione di questa unità geodinamica è merito di un numeroso gruppo di ricercatori dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) e delle università di Catania e Napoli, il cui lavoro sta per essere pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale Journal of Geophysical Research (Gps velocity and strain fields in Sicilyand southern Calabria, Italy: updated geodetic constraints on tectonic block interaction in the central Mediterranean).

MICRO-PLACCA – Il geofisico Mimmo Palano, della sezione di Catania dell’Ingv, primo firmatario del lavoro, ci ha raccontato il lungo studio che ha portato a definire i confini e i movimenti della micro-placca siculo-iblea. «Da diversi anni sono installate sul territorio numerose stazioni Gps, che permettono di ricostruire i lenti movimenti della crosta terrestre dovuti alla dinamica delle placche», premette Palano. «Grazie ai dati raccolti negli ultimi 18 anni dalle reti Gps della Sicilia, delle isole circostanti e della Calabria, e all’analisi dei terremoti verificatisi nella medesima area, abbiamo potuto meglio comprendere i cosiddetti domini deformativi e i blocchi che caratterizzano questa cruciale zona di convergenza fra la placca africana e quella euroasiatica».

I vettori di spostamento annuo misurati nelle varie stazioni Gps in Sicilia (Ingv Catania)

UNITÀ MINORI – Quando sui media si legge della convergenza fra la placca africana e quella euroasiatica, precisando che la prima avanza e s’immerge sotto la seconda, sembra che i due grandi blocchi interagiscano in maniera compatta. Invece, nella zona di collisione, si sono create una serie di unità minori, animate da una dinamica più articolata rispetto alla semplificazione della convergenza africana da sud. Lo studio di Palano e collaboratori si è focalizzato nel teatro siciliano dello scontro geologico fra le due grandi placche, in un’area cruciale per la geologia del Mediterraneo centrale.

CONFINI – «Sotto il profilo strettamente geografico, i confini del blocco siculo-ibleo si possono così definire», prosegue Palano. «A nord c’è una linea che corre nel mar Tirreno, più o meno parallelamente alla costa settentrionale siciliana, passando sotto Ustica e intercettando le isole Eolie. Al di sopra di questa linea c’è un altro dominio geodinamico, il blocco tirrenico, che fa parte della placca europea. A est il confine del blocco siculo-ibleo va dalle Eolie, passando per il messinese e per la costa ionica siciliana, giù fino al Canale di Sicilia, all’altezza dell’isola di Malta. Lungo questo confine orientale il blocco siculo-ibleo fronteggia un altro dominio geodinamico, chiamato il blocco calabro-ionico, appartenente alla placca africana. A sud, il confine del blocco siculo-ibleo attraversa il Canale di Sicilia, parallelamente alla costa meridionale siciliana, più o meno dall’isola di Malta fino al largo delle isole Egadi. Semplificando, il blocco siculo-ibleo ha la forma di un grande cuneo, con l’apice rivolto a ovest, che ricalca la forma triangolare della Sicilia, includendo tuttavia una consistente fetta dei mari circostanti».

SPOSTAMENTI – Dal punto di vista dinamico, i movimenti del blocco siculo-ibleo variano da zona a zona e sono studiati grazie ai vettori di spostamento annuale forniti dalle stazioni Gps. Considerando questi spostamenti rispetto alla placca euroasiatica, si vede che in Sicilia occidentale la crosta terrestre si sposta verso nord-nord-ovest di circa mezzo centimetro l’anno; tra Palermo e Cefalù lo spostamento è verso nord di circa un centimetro l’anno. Ma a Ustica, alla distanza di appena 60 km dirimpetto a Palermo, il movimento verso nord quasi si annulla, riducendosi ad appena un millimetro. Nella zona Eolie-Peloritani-Messina, la crosta si muove verso nord-nord-est al ritmo di un centimetro l’anno. Infine, tra l’Etna e i monti Iblei, e poi più giù fino a Malta, si registrano spostamenti di circa un centimetro l’anno in direzione nord-nord-ovest.

TENSIONI – Tutti questi movimenti, così differenziati nei tassi annuali e negli orientamenti, sono all’origine di quelle strutture tettoniche che si esprimono in corrugamenti, faglie (o fratture) della crosta terrestre, oltre che in accumuli di tensioni generatrici di terremoti. Lungo il confine usticese del blocco siculo-ibleo c’è un prevalente regime compressivo, con la formazione di faglie responsabili di frequenti terremoti che, in genere, hanno magnitudo moderata. Sul versante messinese e ionico il quadro peggiora nettamente. Qui gli studiosi avevano da tempo individuato una grande faglia denominata Eolie-Tindari-Letojanni ritenuta come la linea di «strappo» del blocco calabro-ionico, al di sotto del quale si consuma la subduzione (sprofondamento) della placca africana sotto a quella euroasiatica.

DINAMICA – Ora Palano e collaboratori avanzano l’ipotesi che questa faglia non si fermi a Letojanni (sulla costa ionica) ma prosegua in mare, raccordandosi a un altro sistema di fratture sottomarine noto come la scarpata ibleo-maltese. All’interazione fra i due blocchi siculo-ibleo e calabro-ionico si possono attribuire sia la genesi dei vulcani eoliani che i grandi terremoti storici della Sicilia orientale, come quelli della val di Noto del 1693 e di Messina del 1908. «Mettendo tutto insieme», riassumono Palano e Luigi Ferranti, «il blocco siculo-ibleo appare intrappolato nella dinamica di collisione tra la placca africana e quella euroasiatica e soggetto a un movimento complessivo laterale verso nord-pvest, con il risultato che lungo tutti e tre i sui confini si originano zone esposte al rischio sismico. Ma non c’è dubbio che i terremoti più forti di tutta l’area siciliana avvengano lungo il bordo orientale dell’area Iblea.

TERREMOTI E TSUNAMI – Ricordiamo che il terremoto del 1693, e prima ancora un altro avvenuto nel 1169, sono considerati tra i più violenti e distruttivi della storia sismica italiana. In particolare le due scosse del 9 e 11 gennaio 1693 furono talmente violente da devastare l’intera Sicilia sud-orientale, radendo al suolo molti centri abitati. A posteriori si è valutato che la magnitudo massima raggiunse i 7,5 gradi Richter. I danni si estesero sino a Palermo, alla Calabria meridionale e a Malta e la scossa maggiore fu fortemente avvertita anche in Tunisia. Fonti storiche e ricerche recenti sul campo, condotte dal team del professor Carmelo Monaco (Università degli studi di Catania), evidenziano come entrambi gli eventi siano stati accompagnati da un imponente tsunami che flagellò le aree costiere di tutta la Sicilia sud-orientale. Da non dimenticare che, in tempi più recenti, nella stessa parte della Sicilia, esattamente a Carlentini, il 13 dicembre 1990 si è abbattuto un terremoto di magnitudo 5,6 che ha provocato 17 morti e oltre 15 mila senza tetto. Un monito per gli amministratori locali che non devono mai perdere di vista l’applicazione rigorosa delle norme antisismiche, unica difesa preventiva dagli effetti devastanti dei terremoti.

Franco Foresta Martin11 maggio 2012 | 16:58©

Fonte Corriere della Sera

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COMMENTO:

Da Montecosaro Mariangela Militello

…Bene, allora vedremo se, oltre che attuare tagli a destra e a manca costringendo alla distruzione economica la Sicilia e isole comprese, paradossalmente si tenterà di salvarla almeno dalla distruzione sismica..

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Da Roma Franco Foresta Martin

Morale della favola: sappiamo bene che gran parte dell’Italia si trova in zone sismiche e che dobbiamo convivere con i terremoti. Una conoscenza sempre più approfondita della dinamica del nostro territorio è fondamentale per svolgere opere di prevenzione, che sono gli unici interventi possibili per mitigare i danni a persone e cose. Preoccuparci non serve a niente. Serve realizzare opere e infrastrutture più resistenti alle scosse sismiche. Per non vedere più quelle terribili immagini di Palazzi della Prefettura, di Case dello Studente e di Ospedali che si sbriciolano sotto i colpi di scosse che poi non sono nemmeno tanto forti da giustificare quello sfascio.

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Da Ustica Luigi Palmisano

Morale della favola??? C’è da preoccuparsi???

 

“Ustica Saperi e Sapori”


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