Caro Pietro, ti ringrazio per la segnalazione dell’articolo di Amalia Navoni, del Coordinamento Lombardo Nord Sud del Mondo rete Lilliput-Milano, del 9 marzo 2011, dal titolo “Colonialismo italiano in Libia: un passato da svelare” e recentemente apparso sul sito “Il pane e le rose”.
La Navoni, nel corso di un suo recente viaggio in Libia, aveva appreso, con “sorpresa”, alcuni episodi “raccapriccianti” del nostro colonialismo, negli anni 1911-1943. Tra questi, le deportazioni nei campi di concentramento nel deserto della Sirte e quelle -che ci riguardano più da vicino- nelle isole italiane, tra cui Ustica.
Immagino che ti avrà sorpreso –come ha sorpreso anche me, del resto- leggere che la Navoni, visitando Ustica, Tremiti, Favignana, Ponza (Le isole della deportazione), non vi ha visto, con suo implicito disappunto, “alcuna traccia” del passaggio dei libici.
Premetto che condivido sia l’analisi che il giudizio storico storico-politico espressi dalla Navoni sul colonialismo italiano in Libia, nonché la necessità e il dovere morale, da lei sottolineati, di fare piena luce sul nostro passato di paese coloniale.
Non c’è dubbio che fatti come quello delle deportazioni sono ancora oggi poco noti, a seguito di una sorta di processo di colpevole rimozione, se non di censura vera e propria (Vedi, per esempio, il caso ricordato dalla Navoni del film “Il leone del deserto” sulla resistenza libica alla occupazione italiana, mai in circolazione nelle sale cinematografiche, né passato in TV). Vorrei però far notare che a Ustica le tracce della presenza dei libici ci sono, e che nulla riguardo a loro è stato rimosso: né nella nostra memoria, né nelle nostre coscienze. Probabilmente la Navoni non ha avuto tempo e modo di approfondire la sua indagine, altrimenti avrebbe appreso che nell’isola, da anni ormai, è stata proficuamente avviata una intensa attività di ricerca, documentazione e divulgazione sulla vicenda dei libici lì deportati. Attività ancora in corso e che ha fornito apprezzabili contributi per la ricostruzione di quella tragica pagina di storia locale, ma, ovviamente, anche nazionale.
Il locale Centro Studi se ne è occupato sin dalla sua costituzione (1997), pubblicando sul suo periodico “Lettera” molti articoli, partecipando a tutti i Seminari sugli esiliati libici durante il periodo coloniale, organizzati dall’Istituto Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente (ISIAO) e dal Libyan Studies Center, uno dei quali ospitati proprio a Ustica (Con contributi pubblicati nei relativi Atti). Si tratta di Seminari progettati in seguito agli accordi sottoscritti tra l’Italia e la Libia (1998) e che hanno visto la partecipazione di importanti studiosi. Lo scopo dichiarato era quello dello ristabilimento della verità storica: condizione necessaria –tra le altre- per la risoluzione del lungo e tormentoso contenzioso politico ed economico tra i due paesi prodotto dall’occupazione italiana e che, in vario modo, connota sino ai giorni nostri i complessi rapporti diplomatici tra Italia e Libia.
L’attenzione prestata a Ustica alla vicenda dei libici ha coinvolto in questi anni, oltre che le sue istituzioni culturali, anche quelle politiche e la comunità isolana più in generale.
Vorrei inoltre ricordare l’esistenza nell’isola del cosiddetto “Cimitero degli arabi”, adiacente a quello cristiano, su cui figura anche una lapide che ricorda i libici deceduti a seguito della deportazione; l’accoglienza solidale mostrata nei confronti di numerosi gruppi di libici giunti per molti anni nell’isola per commemorare i loro morti; la recente Delibera dell’ Amministrazione Comunale per l’intestazione di una Via alle vittime della deportazione; l’allestimento a Ustica, a cura del Centro Studi e con la partecipazione della Amministrazione comunale, di una mostra fotografico-documentaria (Molto visitata in estate dai numerosi visitatori dell’Isola). Mostra che, via via incrementata, è diventata anche itinerante, avendo avuto richieste da Istituti scolastici del capoluogo siciliano, Tremiti, Tripoli (Luglio 2010), Milano (Facoltà Statale di Scienze Politiche, nel centenario dall’occupazione di Libia –dal 12 Aprile 2011). Altre richieste sono nel frattempo pervenute.
Giova anche ricordare, seppure per grandi linee, i fatti riguardanti la vicenda dei libici a Ustica.
A Ustica il 29 ottobre 1911 furono sbarcati 920 prigionieri arabi arrestati nella repressione seguita alla rivolta di Sciara Sciat contro il corpo di spedizione italiano a Tripoli. Nella colonia penale dell’Isola non godranno però dello status di prigionieri di guerra ma di “politici”, perché arrestati per misure di polizia.
Vi resteranno sette mesi, ma ben 132 vi moriranno. Altri erano morti durante la traversata e vennero scaricati in mare (Anche davanti alle coste dell’isola).
A questa prima deportazione di massa a Ustica, si aggiunse quella del giugno 1915, di 778 deportati. Ma nel 1916, come riferisce lo studioso Angelo Del Boca basandosi su fonti archivistiche, di libici a Ustica se ne conteranno 1300. Questa volta si trattava di libici arrestati in reazione alla sconfitta italiana di Al-Qardabiyya del 29 Aprile 1915. Le notizie sulla stampa nazionale furono scarne e la sconfitta fu imputata al tradimento delle bande libiche arruolate dagli italiani. Di questi nuovi deportati, 141 moriranno a Ustica. Le cause dei decessi saranno più o meno quelle stesse che avevano determinato la morte dei deportati del 1911. Vale a dire le non adeguate condizioni igienico-sanitarie della colonia.
Nel corso degli anni successivi, fino al 1934, altri libici arriveranno nell’isola. Ma non saranno più deportazioni massicce. Si tratta di piccoli gruppi di notabili in odore di tradimento o di cui diffidare. L’accanita resistenza anticolonialista in Libia cessò con la feroce repressione di Rodolfo Graziani.
Esiste, negli archivi del Centro Studi e Documentazione Isola di Ustica, un accurato elenco dei nominativi dei deportati libici deceduti nell’isola, con l’indicazione della loro età e dei i paesi d’origine. Tali elenchi sono stati pubblicati sul Periodico “Lettera del Centro Studi e Documentazione Isola di Ustica”.
È auspicabile che alla lapide esistente in memoria dei 132 libici deceduti a Ustica fra il 1911-12 si pensi di affiancarne un’altra per i 141 deceduti nella grande deportazione successiva.
Massimo Caserta