Quante immagini si aprono, quanti ricordi si evocano, legati soprattutto alla politica di ieri, ma anche dei nostri giorni, in verità, pensando a queste due parole semplici, legate tra loro da significati molto più complessi e profondi, rispetto a quelli più scontati e superficiali.
Le considerazioni di Pietro, e la sincera sofferenza che traspare e fa da condimento alle sue parole accorate, fanno appello ad una questione di carattere etico, quindi, cosa che non è di poco conto.
Oltre a scuotere gli animi, creano infatti un profondo sgomento in chi, isolano e non, cittadino di un dove e di un altrove, nasce in un luogo e poi, soprattutto per necessità materiali, ma anche intellettuali, deve partire e andare via, per costruire, mattone su mattone, l’edificio della propria vita, legata ad opportunità che, per tanti motivi, dove si viene al mondo, non ci sono, o esistono in quantità davvero limitata.
La scelta, spesso obbligata, di lasciare il proprio paese impoverisce territori già avari di risorse e frena anche lo sviluppo culturale, ma crea anche fossati incolmabili. L’anagrafe registra le nascite, ma pone un distinguo netto su chi si era (nato a…) e chi si è (residente a…). Questa diversificazione di carattere burocratico, che genera tanta sperequazione, non solo economica, il che potrebbe essere anche poca cosa, ne produce un’altra di carattere morale (appunto): ci rende forestieri nella terra di provenienza, quasi degli irregolari.
Il ponte immateriale che dovrebbe agevolare il ritorno, Pietro lo evoca e invoca a salvaguardia della dignità di nascita. E non raffigura una costruzione difficile. La politica dovrebbe capirlo e fare uno sforzo di considerazione per ciò che rappresenta. Tasse e balzelli ne paghiamo tanti, ma quello sui rientri a casa è veramente incomprensibile.
Salvio Foglia
Sii sempre come il mare che, infrangendosi contro gli scogli, trova sempre la forza di riprovarci.
(Be always like the sea, than breaking up against cliffs it finds always the force to try again)
– Jim Morrison