Ustica sape

CRONACHE DI UNA SCOPERTA ARCHEOLOGICA … GRAZIE ALLA GEOFISICA


Nei giorni scorsi ha suscitato attenzione e curiosità nella comunità usticese la notizia di una nuova scoperta nel Villaggio archeologico dei Faraglioni di Ustica, diffusa da un comunicato stampa dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) il 5 gennaio scorso e ripresa da vari media. Poiché molti lettori di Usticasape, anche dall’estero, ci hanno sollecitato ad approfondire l’argomento, abbiamo chiesto a uno dei numerosi autori dello studio, l’usticese Franco Foresta Martin, la cortesia di spiegarci, in termini molto semplici, come si è sviluppata e a quali risultati ha portato questa ricerca (Pietro Bertucci).

Aderisco al cortese invito di Usticasape ma, prima di addentrarmi in un racconto semplificato della nostra ricerca, consiglio a quanti desiderano approfondire l’argomento nei suoi risvolti più tecnici, di fare riferimento al nostro articolo appena pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Journal of Applied Geophysics, scaricabile gratuitamente attraverso il link che riporto qui di seguito:

Unveiling a hidden fortification system at “Faraglioni” Middle Bronze Age Village of Ustica Island (Palermo, Italy) through ERT and GPR prospections – ScienceDirect

Ciò premesso, ritengo che tutti i lettori di Usticasape conoscano l’importanza del Villaggio Archeologico dei Faraglioni, notevole esempio di un insediamento che fiorì nella Media Età del Bronzo (1400-1200 avanti Cristo circa) in un piccolo promontorio affacciato sul mare nella costa settentrionale dell’isola. Così come a tutti è noto che il merito di avere scoperto questo gioiello del patrimonio archeologico usticese vada, innanzitutto, a Padre Carmelo Seminara da Ganci, storico parroco di Ustica (oltre che Ispettore Onorario della Soprintendenza), che lo scoprì più di mezzo secolo fa; poi all’archeologo Giovanni Mannino che (altro…)

Ustica, Scoperta nel Villaggio dei Faraglioni una fortificazione di oltre 3000 anni fa.


Alla scoperta dei tesori sommersi della Sicilia

Alla scoperta dei musei sottomarini della Sicilia, in 4 itinerari tra Egadi, Pantelleria, Ustica e Marzamemi: un paradiso per chi ama le immersioni.
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Un viaggio alla scoperta della Sicilia… su due ruote

A Ustica una significativa scoperta di Archeo-Astronomia


Villaggio Faraglioni da satellite
Villaggio Faraglioni da satellite

Scordatevi gli orologi, gli smartphone, i calendari digitali e quelli di carta appesi al muro. Immaginate di essere tornati indietro fino a 3.400 anni fa, nell’Età del Bronzo Medio, e di abitare in una capanna del Villaggio dei Faraglioni a Tramontana. Splendido posto d’estate, ma d’inverno, col vento gelato che tira impetuoso, e per giunta carico di umida salsedine…brr che freddo!  Dunque, senza alcun oggetto tecnologico che vi scandisca i giorni e i mesi come fate a capire esattamente quando finisce il lungo buio invernale e le giornate tornano ad allungarsi, portando speranza di luce, calore e vita alla terra, agli animali e alle piante? Mica per poetare sulla bellezza delle stagioni, no di certo: nella preistoria purtroppo non c’era tempo per questo, ma per stabile quando iniziare il lavoro nei campi, seminare al momento giusto, avviare opere all’aperto, assicurarsi la sopravvivenza nei mesi a venire. In parole povere, chi gliela comunicava agli usticesi preistorici la data di quello che oggi chiamiamo il Solstizio d’Inverno (il 22 dicembre), ossia il giorno più corto dell’anno che annuncia il lento ma trionfante ritorno della Luce?

Arco del sole solstizio Sodalizio da Faraglioni
Arco del Sole al Solstizio d’inverno dai Faraglioni

A Ustica, 3.400 anni fa o giù di lì, gli abitanti del Villaggio dei Faraglioni avevano un calendario astronomico naturale e c’era una sola possibilità per non sbagliarsi:scegliere di andare ad abitare a Tramontana, di fronte al Faraglione. Infatti, quello era (ed ancora oggi è con qualche  piccola differenza) l’unico posto dell’isola in cui, il giorno del Solstizio d’Inverno, il profilo di tre montagne che viste da lì appaiono consecutive, cioè la Falconiera, il Monte Guardia dei Turchi e il Monte Costa del Fallo, funzionava da calendario naturale. Provare per credere: passate la notte del solstizio d’inverno fra le mura del Villaggio, aspettate l’alba e…spettacolo garantito, vedrete il Sole sorgere maestoso sulla Rocca della Falconiera. Poi, se avrete la pazienza di aspettare ancora altre ore, il Sole raggiungerà la massima altezza sulla cima del Monte Guardia dei Turchi. E infine tramonterà sulla cima del Monte Costa del Fallo.

Questa piccola ma significativa scoperta, scaturita dalle ricerche archeo-astronomiche fatte a Ustica nei mesi scorsi dal professor Giulio Magli, ARTICOLO ARCHE ASTRO SU MAAordinario di Archeoastronomia al Politecnico di Milano, e da Franco Foresta Martin, direttore del Laboratorio Museo di Scienze della Terra, ha ottenuto il privilegio di una pubblicazione internazionale, sulla rivista “Mediterranean Archaeology & Archaeometry” (Vol.16, n.2, 2016, pp. 167-172), consultabile anche nella versione online sul sito http://www.maajournal.com.

I due Autori della ricerca, con il permesso della Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Palermo, e con il supporto logistico del Centro Studi e Documentazione Isola di Ustica e del Laboratorio-Museo di Scienze della Terra Isola di Ustica, hanno effettuato rilievi topografici e astronomici al Villaggio dei Faraglioni e in altri luoghi dell’isola. Poi, con l’aiuto di una simulazione al computer, hanno ricostruito il cielo del passato a Ustica, per verificare questa singolare coincidenza. Infine è toccato a Franco Foresta Martin, la notte del Solstizio d’Inverno dell’anno scorso (2015), aspettare il sorgere del Sole fra le capanne del Villaggio e documentare fotograficamente la concretezza delle posizioni astronomiche calcolate.

Franco Foresta Martin (al centro) fra il prof. Giulio Magli (in fondo) e il giornalista Daniele Billitteri (in primo piano).
Franco Foresta Martin (al centro) fra il prof. Giulio Magli (in fondo) e il giornalista Daniele Billitteri (in primo piano).

Sulla scoperta abbiamo raccolto un breve intervento dei due ricercatori: “Qui a Ustica non ci sono certo costruzioni megalitiche con allineamenti astronomici come, per esempio, a Stonehenge –commenta il prof. Magli–, ma c’è il paesaggio naturale che è stato utilizzato dall’uomo preistorico per scandire il tempo. Penso proprio che l’ubicazione del vostro splendido Villaggio dei Faraglioni sia stata scelta per avere questa opportunità, con finalità calendariali e probabilmente anche sacre”.  Aggiunge Foresta Martin: “Soltanto nei giorni attorno al Solstizio d’inverno e soltanto dal Villaggio dei Faraglioni il Sole abbraccia con il suo arco diurno quasi tutto il profilo terrestre dell’isola, da un estremo all’altro. In qualunque altro luogo dell’isola e in altri giorni dell’anno c’è una sfasatura e quindi non è possibile usare i rilievi del paesaggio terrestre come calendario naturale. Una coincidenza troppo speciale per essere casuale”. E conclude: “Ustica ci ha offerto un’altra opportunità e ci ha riservato un’altra sorpresa. E’ la dimostrazione che in questa isola, così ricca di risorse naturali e storiche, basta ricercare con attenzione e metodo per trovare sempre nuove meraviglie”.

a cura di Mario Oddo

 

 

 

Ustica – alla scoperta della grotta segreta


Ustica - alla scoperta della grotta segreta

Calabria: scoperta megafrana sottomarina al largo di Crotone


frana_B1-k6wF--180x140@CorriereDalle zone pedemontane della Sila fino alla scarpata sottomarina antistante il Promontorio calabro

Nel Promontorio calabro compreso tra Crotone e Capo Rizzuto, in una delle aree marine protette più suggestive del mar Ionio, è stata scoperta una mega-frana silenziosa che si estende per circa 1000 km quadrati di superficie, dalle zone pedemontane della Sila, fino alla scarpata sottomarina antistante. I dati strumentali indicano che questa immensa lingua di terra sta scivolando verso lo Ionio, con un movimento lento ma inesorabile, al ritmo di qualche millimetro l’anno. La scoperta della megafrana è stataannunciata su una rivista internazionale di geofisica da sette ricercatori italiani appartenenti a vari istituti e università.

GLI STUDI – Per accertare e descrivere il fenomeno nei dettagli, gli autori del lavoro hanno fatto ricorso alle più moderne tecniche d’indagine geofisica: dallo studio dei tracciati sismici, all’analisi dei sondaggi effettuati con trivellazioni profonde (la zona in passato era stata oggetto di studi anche da parte di compagnie petrolifere alla ricerca di giacimenti). Ma determinante è stato il contributo apportato da otto nuove stazioni Gps installate nel 2006 nell’ambito di una ricerca sulla geodinamica dell’Arco Calabro finanziata dalla National Science Foundation (Usa). Grazie ai dati sui lenti movimenti del terreno misurati da queste stazioni, i sette ricercatori italiani hanno potuto evidenziare una rilevante anomalia dell’area crotonese, rispetto al resto della regione.

MOVIMENTO – Infatti, mentre la Calabria si muove in maniera abbastanza omogenea verso Nord-Nord-Est al ritmo di 5 mm/anno, Crotone supera gli 8 mm/anno e tende più spiccatamente verso Est. I lenti movimenti, a grande scala, della Calabria, come quelli del resto della penisola italiana, vanno spiegati prendendo in considerazione la dinamica delle placche terrestri, in particolare la convergenza e lo sprofondamento della placca Africana e delle sue diverse articolazioni sotto a quella Euroasiatica. Ma l’anomalia di Crotone è apparsa, ai sette ricercatori, attribuibile a cause prettamente locali.

SCIVOLAMENTO – Approfondendo la natura del substrato, grazie ai dati forniti dai rilievi sismici e dalle trivellazioni, essi hanno potuto ricostruire che il fenomeno di scivolamento massivo di tutto il bacino di Crotone, sia nella parte onshore sia in quella offshore, avviene sopra un piano di scorrimento formato da antichissime formazioni saline, alla profondità di 1-2 km. Queste ultime si depositarono alcuni milioni di anni fa, al tempo in cui la soglia di Gibilterra si sollevò, il Mediterraneo si isolò dall’Atlantico, trasformandosi in un bacino evaporitico.

INSTABILITÀ – «La probabile causa dello scivolamento franoso», spiega la prima firmataria dell’articolo, Liliana Minelli dell’Ingv, «è da ricercarsi nel sollevamento della Calabria a causa della convergenza della miniplacca Ionica, che fa parte di quella Africana, verso la parte sud-orientale della nostra penisola. Sarebbe proprio questo sollevamento a creare l’instabilità gravitativa del versante ionico della Sila».

RISCHIO GEOLOGICO – La scoperta della megafrana, al di là della sua importanza scientifica, apre un nuovo capitolo sul fronte del rischio geologico cui è soggetta la nostra tormentata penisola. Fenomeni come questo, infatti, anche se vanno avanti da millenni e potrebbero continuare a evolvere in maniera inoffensiva per altri millenni, possono subire improvvise accelerazioni in occasione di fenomeni sismici, a seguito dei quali potrebbero verificarsi frane sottomarine e, di conseguenza, maremoti. Di qui la necessità di un monitoraggio continuo dei tassi di scivolamento dell’enorme corpo franoso e di una sua accurata definizione. Intanto, al fine di indagare se l’attuale, lento movimento ha avuto ripercussioni sugli impianti urbani, uno degli autori, il geologo Andrea Billi del Cnr, ha proposto di effettuare indagini sulle eventuali lesioni presenti negli edifici della zona.

25 settembre 2013 | 17:59

Franco Foresta Martin
Fonte: Corriere della Sera.it/Scienze

^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^COMMENTO

Da Cosenza Salvio Foglia

Una cosa del genere fa venire i brividi, ieri a Crotone ci sono state due scosse di terremoto: la Calabria trema, è tutta brividi…

 


 

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