Ustica sape

Ustica, Cimitero


Spett.le Ustica Sape
c.a. Signor Pietro Bertucci

Domenica scorsa, 22 agosto, spinto dalle tristi notizie delle dipartite di due usticesi e dell’ex segretario comunale che aveva lasciato un buon ricordo nell’isola, mi sono recato, per la prima volta da quando frequento l’isola, a visitare il cimitero.

Sarà che ormai, quanto meno anagraficamente, mi sento più vicino agli ospiti di quel luogo che ai vivi- consapevolezza che mi rende molto più libero di esprimermi di quanto non fossi da giovane e sì che neanche allora le mandavo a dire…-i cimiteri, per quello che rappresentano, per me cresciuto tra Foscolo ed Edgar Lee Masters, continuano ad avere un fascino particolare, al di là dell’aspetto religioso : molto mi impressionò, in Grecia, vedere come per quel popolo non vi fosse una cesura netta tra vita e morte, tant’è che non avevano alcuna difficoltà ad erigere grandi alberghi vista cimitero, che erano liberamente fruibili a qualsiasi ora ed erano ricchi di verde e di possibilità di intrattenersi in prossimità delle tombe anche a mangiare e bere, come se i defunti potessero partecipare a queste attività prettamente destinate ai vivi…

Quello che mi ha colpito, ad Ustica, è la lindezza dell’area “cristiana” e l’abbandono di quella “araba”: nell’area “cristiana” ( mi dispiace molto che le   divisioni continuino a perpetuarsi anche dopo morti… significa non aver capito nulla nè da vivi nè da morti!) l’unico problema è costituito dall’impossibilità- per problemi di sicurezza, verosimilmente facilmente superabili – dall’ingresso principale alla parte retrostante del cimitero, così da costringere i visitatori ad accedere dal retro seguendo un percorso un pò più lungo venendo dal centro urbano.

Augurandomi che si possa provvedere a rendere meglio fruibile tutto il cimitero, del resto tenuto molto dignitosamente per la parte “cristiana” , accessibile sempre perché privo di qualsiasi chiusura ( il cancello principale è spalancato e quello posteriore è tenuto chiuso da una sbarra di ferro facilmente rimuovibile) lo stesso non si può dire per la fossa comune dei “relegati” libici, portati a morire ad Ustica ed in altre isole minori come rappresaglia militare mentre si costruiva “l’Impero” italico nel 1911.

La fossa comune, priva di iscrizioni apprezzabili dall’esterno , è invasa dalle erbacce e non si ha alcuna percezione di cosa sia questo rettangolo di terreno sulla cui parete esterna, sul retro del cimitero, campeggia la scritta, quasi irridente,” LA CIVILTA’ DEI POPOLI SI RICONOSCE DAL CULTO DEI MORTI”. Sono certo che la civiltà degli usticesi sarebbe anch’essa più riconoscibile se mostrasse eguale rispetto per chi ha sofferto prima di noi, a qualsiasi etnia, religione, sesso, ideologia appartenesse.

Spero che l’amministrazione comunale voglia farsi carico di un atto di rispetto verso queste ignote spoglie terrene, contribuendo, anche con un piccolo gesto, ad abbattere i muri che altri sono soliti – ancora oggi!- costruire.

Proprio in questi giorni, in cui nel capoluogo della regione si consuma un inqualificabile  e pericoloso ritardo nel seppellimento dei defunti, con strazio dei familiari e di  ogni uomo degno di tale nome, per tacere dei pericoli sanitari connessi,la piccola Ustica potrebbe essere, con uno sforzo sostenibile, d’esempio e di stimolo a chi questi problemi non li sa o non li vuole risolvere.

Allego qualche foto che rende l’idea della situazione e delle differenze tra le due aree.

Grato a chi ha speso qualche minuto della sua vita per leggermi.

Francesco Menallo

 

 

 

 

 

 

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