Dopo aver letto la nota con cui il signor Salvatore Militello ha replicato a un mio precedente articolo, non posso esimermi, a mia volta, dal fare alcune considerazioni.
Per non annoiare i lettori, eviterò di ripercorrere la vicenda interamente dal principio (rimando, a tal proposito, alla lettura degli articoli allegati in calce), limitandomi a esaminare, punto per punto, le contestazioni mosse dallo stesso signor Militello.
Egli, anzitutto, afferma testualmente: “Con l’articolo in questione il direttore tenta pretestuosamente di attaccarmi per le mie idee in tema di portualità, essendo consapevole del fatto che le sue opinioni non hanno alcun seguito tra la Cittadinanza”.
Gentile signor Militello, prima di attribuirmi delle opinioni che mai ho espresso su queste pagine, in tema di portualità, provi a documentarsi meglio: scoprirà che la testata giornalistica da me diretta è stata la prima e unica a dare notizia, il 25 novembre scorso, della nascita del movimento d’opinione favorevole alla realizzazione del terzo approdo a Ustica, di cui, se non vado errato, lei è un convinto sostenitore. Con riferimento al medesimo argomento, il 28 novembre 2011, con un editoriale a mia firma, ho inoltre preso apertamente le difese del signor Mario Oddo (tra i promotori del movimento), che, sol perché si era esposto in prima persona, era stato a mio avviso ingiustamente accusato di coltivare presunti interessi elettorali.
Scoprirà poi che, su queste pagine, non ho mai espresso opinioni personali riguardo all’argomento “portualità a Ustica” (leggasi, tra l’altro, “Spalmatore”), ma mi sono limitato a riportare opinioni altrui, e in particolare di amministratori locali e tecnici.
Usando una metafora calcistica, la sua affermazione di cui sopra (“Con l’articolo in questione il direttore tenta pretestuosamente di attaccarmi per le mie idee in tema di portualità, essendo consapevole del fatto che le sue opinioni non hanno alcun seguito tra la Cittadinanza”), mi ricorda quel malcostume tipico di alcuni calciatori italiani, che strillano ancora prima di essere toccati.
Ma veniamo al discusso link da lei pubblicato su Facebook il 13 gennaio scorso (che riporto qui, essendo la sua bacheca attualmente pubblica, per far capire meglio ai lettori di cosa stiamo parlando).
Prendo atto, e con me i lettori, del fatto che l’aver condiviso sul suo profilo un busto del Duce (non solo una semplice frase, come sostiene lei nella sua nota replica) sia il frutto di una scelta ragionata che ribadisce e sottoscrive. Ognuno è libero di rifarsi ai modelli storici e culturali che più gli aggradano. Peccato, però, che la legge 645 del 1952, all’articolo 4 (intitolato “Apologia del fascismo”) preveda espressamente la reclusione e una multa per chi pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, e questo, contrariamente a quanto afferma lei, signor Militello, a prescindere dalla volontà di riorganizzare il disciolto partito fascista o associazioni similari. Non solo, ma la sanzione si aggrava nel caso in cui il reato venga commesso con il mezzo della stampa. Visto che già c’è, dunque, dia anche mandato ai suoi legali di farsi leggere bene la norma. Ben venga, alla luce di ciò, signor Militello, un eventuale approfondimento della vicenda in sede giudiziaria: scopriremmo così se sono stati commessi dei reati e, soprattutto, da parte di chi. In attesa che la giustizia segua eventualmente il proprio corso, ad ogni modo, per evitare futuri fraintendimenti, mi riservo di inviarle, a titolo di omaggio, un volume contenente frasi celebri di pensatori liberali, così da rinnovare il suo “parco-citazioni” e da renderlo penalmente non degno di attenzione.
Codice penale a parte, egregio signor Militello, ciò che mi sembra sfuggirle è però una questione, ancora più lampante, di opportunità: da quello che leggo su Internet, lei avrebbe dato disponibilità a prendere parte da esterno ai lavori di una commissione consiliare, che per definizione è rappresentativa del Consiglio comunale e quindi della cittadinanza usticese tutta: difendere a spada tratta la scelta di aver condiviso su Facebook un link celebrativo di uno dei dittatori più spietati della storia non le fa onore e, soprattutto, non fa onore all’isola di Ustica, che, come qualcuno ha correttamente evidenziato in questi giorni, ha vissuto sulla propria pelle l’onta del confino fascista. Ma deve essere lei a realizzare tutto ciò, e non io a cercare di convincerla.
Roberto Rizzuto
NOTA. Legge 20 giugno 1952, numero 645, articolo 4 (Apologia del fascismo): “[…] Alla stessa pena di cui al primo comma (reclusione da sei mesi a due anni e multa da 400.000 lire a 1.000.000 di lire, ndr) soggiace chi pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche. Se il fatto riguarda idee o metodi razzisti, la pena è della reclusione da uno a tre anni e della multa da uno a due milioni . La pena è della reclusione da due a cinque anni e della multa da 1.000.000 a 4.000.000 di lire se alcuno dei fatti previsti nei commi precedenti è commesso con il mezzo della stampa. La condanna comporta la privazione dei diritti previsti nell’art. 28, comma secondo, numeri 1 e 2, del codice penale, per usi periodo di cinque anni”.
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ALLEGATI:
LA MALAFEDE, L’IGNORANZA DELLE (altro…)