Ustica sape

Colombacci, un altro importante problema per Ustica


Vi prego. Salvatemi dall’assalto dei colombacci che hanno preso definitivamente possesso della pineta che mio padre 45 anni fa piantò in prossimità di casa mia e che con le sue vaste fronde ne sovrasta la terrazza, fino a qualche anno fa fonte di rilassante frescura, luogo in cui si vivevano momenti di intensa vita familiare e sociale e che, ora, é totalmente precluso ad ogni forma di utilizzo che non sia un rapido e rischioso passaggio per uscire da casa.

La ragione? Quei benedetti o ……. colombacci che, nutrendosi abbondantemente delle colture agricole usticesi seriamente compromesse dalla loro insaziabile voracità, riposano placidamente sui rami dei miei pini da dove, digerita la scorribanda agricola, scaricano sulla mia terrazza padellate di guano nero larghe una decina di cm., adesive al punto che occorre una paletta metallica per rimuoverle. Tutto ciò, intendiamoci, rientra in un ciclo assolutamente naturale. Se i colombacci ci sono devono mangiare e, seguendo un corretto ritmo fisiologico, devono anche rilasciare i propri liquami digestivi.

Ma perché io non posso avere alcun mezzo per indurli a far ciò altrove? In aperta campagna, per esempio?

Dal cane o dal gatto accetteremmo che scacazzassero per casa senza qualche sana lezioncina di educazione?

Ai colombacci non si può impartire.

Oddio, il sistema ci sarebbe. Non per gli amici animalisti di cui posso apprezzare le buone intenzioni, per i quali l’unico sistema consentibile credo sia quello di subire con naturalistica e certosina pazienza una ormai intollerabile invadenza.

Se poi dovesse capitare l’incidente, una bella saponata in testa ed un cambio d’abito e tutto si risolve.

Ma non sarebbe logico ed ecologicamente valido un intervento istituzionale che sulla base di serie valutazioni scientifiche limitasse o, meglio, razionalizzasse la presenza di tali volatili? È amore verso gli animali far prevalere il disordine ambientale ad una pacifica convivenza “uomo-animale”?

Tutto ciò che vive va protetto e tutelato ma con il limite della corretta reciprocità e sostenibilità. Perché si interferisce lecitamente sulla crescita e la diffusione invasiva delle piante di cui si limita la presenza con la potatura se non con il taglio controllato e ciò non può essere attuato per le specie animali divenute portatrici di squilibrio ambientale?

È pacifico che non sto agitando il mio personale, particolare problema ma quello di quanti, coltivatori agricoli in prima linea, ne soffrono ogni conseguenza anche economicamente negativa.

Mi chiedo. Cosa penserebbero gli amici ambientalisti, dei quali pure apprezzo le buone intenzioni, se, non potendo risolvere il problema animalista con il metodo ovviamente arcaico e fortemente deprecabile di una sana fucilata di avvertimento, ipotizzassi di abbattere i pini eletti dai miei colombacci abituale luogo di sosta e deiezione? Che potrei, cosi, rimettermi igienicamente e salutisticamente al fresco della mia terrazza?

Sergio Fisco

2 risposte

  1. Dubito che abbattendo gli alberi potresti godere del medesimo fresco… sulla fucilata sono d’accordissimo, e c’è pure un’ottima pietanza marocchina che si fa col piccione 🙂 Una mia amica sta, nelle more della caccia selettiva che secondo me sarebbe un’ottima soluzione, utilizzando un aggeggio che emette ogni tot dei suoni che li cacciano… funziona

  2. È evidente che l’abbattimento dei pini era una paradossale provocazione. Piuttosto tradurre la fucilata di avvertimento in colpi di bazooka. Per quanto riguarda i metodi sonori di dissuasione, ricordo quelli adottati a Roma contro l’invasione degli storni. È vero volavano tutti via ma, dopo una svolazzata veloce, tornavano tutti sugli amati rami. Comunque sto navigando su Google. Ciao.

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