Ustica sape

Ipotetico invito a Ustica – composizione di Pietro fiorito


Se per caso dovessi invitare una persona a pranzo o a cena sull’isola più bella e affascinante del mondo, la prima cosa che farei è la scelta della location.
Opterei senza dubbio per quella che contempli la più grande terrazza sul mare con vista cielo, regalando di seguito il più ineffabile degli infiniti alle nostre anime: anche loro hanno quella invisibile necessità di saziarsi.
La seconda ricadrebbe sul cuoco, che dovrà essere il più bravo, il più capace e quindi il più lesto a cucinare ad arte le più buone e antiche specialità di Ustica, tutte servite su sublimi piatti poetici.
Ricorda che sarà sempre e solo il gusto del tuo palato a concedere il permesso al tuo stomaco di riempirsi con delizia e soddisfazione. Dopo i rituali convenevoli di pre-pasto, inizierei con gli antipasti e ordinerei una caponata piena di ingredienti coltivati in loco, tutti accordati ed esaltati tra di loro grazie ai capperi salati usticesi; subito dopo due fritture di piccolo pesce e, tanto per spezzare la poesia del sapore, polpette di finocchietto selvatico e formaggio.
Appena dopo, il primo: spaghetti coi ricci o con patelle, serviti su una sperlunga in ceramica dipinta a mano. Entrambi i frutti di mare raccolti accuratamente dai fondali di questo limpido e sano mare, stando poi molto attenti a non grattugiargli sopra un amaro sarcasmo stagionato 36 mesi.
Per quanto riguarda il secondo, ordinerei due filetti di freschissimo pesce, giunti a noi grazie alle gocce di fatica dei suoi pescatori migliori, nonché cucinati in maniera perfetta, in modo da esaltare il piacere e la bontà, riconoscendo così il vero sapore di due delle tre amicizie.
Accosterei al pesce, come delle alghe, una tenera insalata verde preparata con verdure appena “colte”, tutte mischiate in una crescente intensità del fragrante, capace di profumare un’ultima volta la nostra tavola.
Poi di sicuro non potrà mancare la regina delle specialità usticesi, sua maestà “Zuppa di Lenticchie” cotta lentamente dentro il coccio di terracotta, pertanto servita appena calda. Basterà un modesto piccolo assaggio, per rendersi conto della forza e del carattere che possiede questo remoto “Nero Scoglio”, apprezzando così in pochi secondi gli ultimi 300 anni di storia.
Per frutta, la nostra scelta ricadrebbe soltanto su quei magnifici prodotti locali, come Fichi, Fico d’India, Zibibbo e Melone giallo, tutti serviti rigorosamente freddi, ma pieni di una sana esplosione vulcanica di colore pastello, che si offre teneramente alla vista dei nostri cuori.
Il dolce, di norma, dovrebbe essere povero e tradizionale come i “Gigi”, zuccherini, fragranti e profumati, che ricordano le forti radici del costume agreste delle isole Eolie.
Non dimentico di certo il principe della tavola, il Vino, necessariamente locale, genuino e notevole, pertanto elegante delegato di codeste fertili zolle, in modo da presentarsi al nostro palato in modo virtuoso, e vale a dire: “Allegro” come deve essere un vero amico, “Forte” quale un legame invisibile com’è l’amore, “Sincero” come un bambino che ancora non sa dire le bugie.
Mio caro lettore, ti ringrazio per avere gustato e apprezzato con la dovuta sagacia questo mio personale “Ipotetico invito”.
Pietro Fiorito

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