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La «maledetta» cometa di Halley: ora causò anche la peste a Bisanzio


Franco Foresta MartinL’ipotesi, molto azzardata, per la pandemia del 541-542 d. C. chiama causa un ipotetico impatto di un pezzo di cometa

La storica cometa di Halley, la prima a essere stata individuata come un astro a ritorni periodici dall’astronomo che nel Settecento le diede il nome, non ha mai goduto di buona fama. Alle sue apparizioni, ogni 76 anni, astrologi e millenaristi hanno attributo sventure d’ogni sorta, soprattutto per regnanti e governanti: dalla sconfitta di re Harold d’Inghilterra nel 1066, alla fatale malattia di Edoardo VII nel 1910. Ora è la ricercatrice americana Dallas Abbott a scagliare sulla povera cometa un’accusa infamante: avere provocato quella che è passata alla storia come «la peste di Giustiniano», una pandemia che devastò l’Impero romano d’Oriente fra il 541 e il 542 dopo Cristo, decimando la popolazione di Bisanzio e di altre grandi città mediterranee e favorendo l’avanzata degli invasori gotici che, a quanto pare, erano geneticamente immuni dal morbo.

La cometa di Halley

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SFERULE COSMICHE – La Abbott è una geologa marina, abbastanza nota fra gli studiosi di scienze della Terra per le sue campagne di esplorazione sui fondali oceanici, alla ricerca dei segni lasciati dagli impatti asteroidali e per i suoi studi sulle correlazioni fra eventi cosmici e cambiamenti climatici. Si è formata al Massachusetts Institute of Technology e poi è passata all’Earth Observatory di Lamont-Doherty nella Columbia University degli Stati Uniti. Nel 2009, studiando alcune carote di antichi sedimenti prelevati nei ghiacci della Groenlandia, Abbott ha scoperto un livello, databile dal 533 al 540 d. C., ricco di «sferule cosmiche»: palline di dimensioni submillimetriche derivanti dall’improvvisa fusione e quindi solidificazione di composti silicatici e metallici. Le sferule si trovano spesso attorno ai crateri scavati dai meteoriti, dove gli impatti generano istantaneamente altissime temperature e pressioni, scaraventando in aria miriadi di frammenti che poi ricadono a terra. Mescolati alle sferule, la Abbott ha trovato pure gusci di diatomee e silicoflagellati marini.

ASTEROIDE E PESTE – Già quattro anni fa la scoperta di Abbot diede la stura ad alcune pubblicazioni scientifiche e storiche che tentavano di stabilire un nesso fra l’eventuale caduta di un’asteroide e la peste che dilagò ai tempi dell’imperatore Giustiniano, ipotizzando che l’impatto avrebbe sollevato una fitta nebbia di detriti rimasti per mesi in sospensione nell’atmosfera, tanto da provocare l’attenuazione della luce solare e l’inevitabile catena:abbassamento delle temperature medie globali (si ipotizza di 3 gradi centigradi), carestie, calo delle difese immunitarie, epidemie e peste. In effetti, alcuni antichi cronisti dell’impero riferiscono, nelle loro storie, del sole che risplendeva pallido come la luna, di un freddo insolito, di invasioni di ratti, insetti e parassiti d’ogni tipo, e di mortalità per la peste che nella sola Bisanzio, tra il 541 e il 542, toccò il picco di 10 mila decessi al giorno, costringendo gli amministratori a far scavare gigantesche fosse comuni e a stipare i cadaveri in torri inutilizzate.

HALLEY – Ora la Abbott, durante una riunione dell’American Geophysical Society che si è svolta a metà dicembre, ha spiegato che esistono fondati indizi per attribuire questi eventi catastrofici alla cometa di Halley. Un’accurata determinazione della stagione in cui si formarono le sferule cosmiche trovate in Groenlandia porterebbe infatti al mese di maggio, quando ogni anno si verifica la pioggia di meteore dette «eta aquaridi», correlabili ai detriti sparsi lungo la sua orbita dalla cometa di Halley. I detriti cometari sono, per lo più, granelli di polvere e piccoli sassi, ma la Abbott avanza l’ipotesi che il nucleo della Halley, in uno dei suoi passaggi al perielio, si sia frammentato, lasciandosi dietro un pezzo grande qualche centinaio di metri. Attratto dalla Terra, il frammento di cometa sarebbe precipitato, scavando un grande cratere nel fondo di un oceano e scaraventando in aria polveri rimaste in sospensione per alcuni anni; fra queste le sferule assieme a gusci di microorganismi marini che poi si sono depositati nei ghiacci della Groenlandia.

IPOTESI LABILE – L’ipotesi della Abbot è figlia di quel filone di studi che giustamente ricerca possibili correlazioni fra catastrofi terrestri e fenomeni cosmici (filone che negli anni Ottanta ebbe grande fortuna con la teoria dell’estinzione dei dinosauri per colpa di un asteroide killer); ma nel caso della peste di Giustiniano la catena degli eventi appare piuttosto tortuosa e gli indizi che la dovrebbero sostenere molto labili.

03 gennaio 2014

Franco Foresta Martin
Fonte: Corriere.it – Scienze 53

 

Una risposta

  1. Se per l’attribuzione della causa nefasta alla cometa di Halley della sconfitta di re Harold d’Inghilterra nel 1066 e della fatale malattia di Edoardo VII nel 1910 è plausibile parlare di superstizione(del popolo inglese), possiamo supporre che teorizzarne un nesso persino con una pandemia dai tratti estremamente drammatici, lasci intravedere una forzatura da parte di qualche scienziato alla ricerca di un po’ di notorietà?!
    Ricordiamo che il contesto nel quale si propagò la pestilenza nell’Impero Romano d’Oriente fra il 541 e il 542 d.C. è quello di una società multietnica nella quale, soprattutto nelle grandi città metropolitane di allora come Bisanzio, avvengono frequenti contatti tra persone, ma anche assidui scambi di mercanzie, trasportate via mare o lungo i fiumi e scaricate nei porti che certamente presentavano caratteristiche igienico-sanitarie assai discutibili, nei quali i ratti, ospiti della pulce che causa la peste, la facevano da padroni . In quel periodo, infatti, anche altre zone dell’Africa sub-sahariana, lungo il corso del Nilo, vennero devastate dal medesimo morbo che si propagò per tutto il Mediterraneo orientale.
    Ricordiamo ancora che altre pestilenze avevano afflitto le civiltà antiche prima di quella, come la peste ad Atene del 430 a.C., descritta dettagliatamente dallo storico Tucidide, ed altre che dilagarono in Europa in periodi più o meno ravvicinati nei secoli a venire, come l’epidemia che colpì anche l’Italia tra il 1347 e il 1350 (che dà spunto al Boccaccio per il suo Decamerone), o la pandemia che afflisse il nord Italia intorno al 1630, descritta anche da A. Manzoni ne “ I Promessi Sposi” e in “Storia della colonna infame”, quelle avvenuta in Inghilterra nel 1665, meglio conosciuta come “La Grande peste di Londra”, giusto per citarne alcune.
    Grazie all’avvento della Rivoluzione industriale dalla fine del XVIII secolo in pochi decenni si è assistito ad un notevolissimo miglioramento delle condizioni socio-economiche e igienico-sanitarie di gran parte della popolazione dei paesi occidentali. Non dimentichiamo il grande contributo della scienza da parte di studiosi come il fisico-batteriologo svizzero Yersin, che alla fine del XIX sec. ne isolò per primo il batterio che da lui prese il nome.
    È sorprendente apprendere da uno studio del DNA di campioni estratti dai resti rinvenuti in una fossa comune di un cimitero londinese ” che questo ceppo batterico è l’antenato di tutte le pestilenze presenti oggi nel mondo”, come spiega Hendrik Poinar, genetista della McMaster University (Canada).
    E’ questo il contributo che ci aspettiamo dalla scienza, anche se ognuno fa la sua parte.
    …E se il passaggio della cometa incriminata non fosse una semplice coincidenza, quali altre disgrazie avrebbe portato con sé nelle successive “apparizioni” ? E quali altre porterà nel prossimo 2062?
    Per chi avrà la fortuna di esserci sarà semplicemente interessante rimanere ad ammirarla, consapevole degli “infiniti” misteri dell’Universo che porta sulla sua scia.

    Antonella Carrubba

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