Ustica sape

A ‘Merica di Tammurricchiu


Dalla Rivista “Lettera” del Centro Studi e Documentazione Isola di Ustica
Vogliamo ricordare un simpatico personaggio della vecchia Ustica attraverso i magici colori della memoria
di Massimo Caserta – Ad Alfredo Ventrice

«Ciò che qui è narrato è realmente accaduto, niente è accaduto così come qui è narrato». Göethe

Questa piccola-grande storia ve la voglio proprio raccontare, affinché resti bella memoria del personaggio di cui si parla. È una storia che risale agli anni Cinquanta, la storia di un uomo e di un lavoratore davvero straordinario.

L’uomo era conosciuto ed indicato nell’isola più per il soprannome che per il suo vero nome. Lo chiamavamo tutti “Tammurricchiu”, e diventa una cosa assai complicata dirvi quale fosse il suo vero lavoro, almeno quello principale. Forse sarebbe più semplice dire quale non fosse … perché Tammurricchiu faceva proprio di tutto, ed era pure molto bravo a fare tutto: rattoppava e risuolava le scarpe degli isolani, raccoglieva capperi da commerciare, trasportava bagagli ad ogni arrivo e partenza della nave, consegnava le bombole del gas, svolgeva piccole commissioni, eccetera eccetera… Ma, fra le tante, l’attività di cui conservo il ricordo più marcato e divertente e da cui il nostro prese il soprannome è quella del “banditore”, quando con il suo tamburino a tracolla, Tammurricchiu, cominciando dalla piazza e poi girando per le stradine del paese, dopo l’iniziale “rataplan, rataplan, rataplan …”, seguito dal rituale «Attenzioni, attenzioni! … ‘A Sinnaca rissi… », urlato a pieni polmoni, portava a conoscenza della popolazione notizie di interesse pubblico per conto del comune o di qualche altra autorità locale: Tammurricchiu, abbanniava la partenza in anticipo dall’isola della nave per il maltempo, gli orari della erogazione dell’acqua, la sospensione della erogazione dell’energia elettrica per lavori o per altro, una qualche disinfestazione o vaccinazione nel paese o nelle campagne, l’uscita del boiacani. Ma gli capitava anche di dover abbanniare per incarico di privati cittadini, per chiunque gliene facesse richiesta. E la materia, in questi ultimi casi, era la più varia: piccoli fatti, come scambio di bagagli, smarrimenti di oggetti, di animali … insomma di tutto. Noi ragazzetti lo seguivamo dappertutto per goderci le sue prestazioni, e ci divertivamo un sacco. Non sempre si riusciva però a capire cosa Tammurricchiu avesse abbanniatu. Né noi, né, in verità, buona parte degli isolani. E l’oggetto dell’abbanniata poteva diventare argomento di discussioni, soprattutto fra le donne che, al primo rullare del tamburino, sospendendo le loro faccende domestiche, si affacciavano sulle porte di casa, alle finestre e ai balconi per conoscere le novità portate quel giorno da Tammurricchiu. E se ne parlava anche nei bar e in tutto paese, e poteva anche capitare che la notizia venisse ad assumere, dal passaggio di bocca in bocca, contenuto di altra sostanza e di altra natura: del tipo, come si diceva nell’isola, «Ovu ruttu nn’ a chiazza… omu mortu ô Sparmaturi». Comunque, alla fine, rimettendo insieme i “pezzi” dell’abbanniata, si riusciva a cogliere la notizia nella sua interezza e veridicità. E, spesso, con il tanto auspicato sollievo perché da queste parti la gente è adusa ad accogliere con animo sospettoso e diffidente le abbanniate provenienti dalle “Autorità”.    Ricordo pure che Tammurricchiu era solito indossare un cappellino da marinaio con la Visiera e un grembiule di colore blu che la frenesia delle sue attività non gli lasciava neanche il tempo di togliersi quando, sospendendo di risuolare qualche scarpa, passava ad altro e in altro luogo con i suoi brevi, scattanti e veloci passi.

Tammurricchiu aveva un parente negli Stati Uniti … a ‘Merica. Costui, intuendo le potenzialità di un formidabile lavoratore come Tammurricchiu in quel paese, ebbe l’idea della “chiamata”, cioè di farlo emigrare per fare fortuna lì. Così, un bel giorno, Tammurricchiu partì tra il dispiacere di tutti gli isolani. Non so come Tammurricchiu avesse vissuto quel periodo della sua vita in America, né quali fossero stati, lì, i suoi pensieri. Fatto sta, che, dopo qualche tempo, non molto però, egli fece ritorno nella sua isoletta. Il giorno del suo arrivo ero al porto insieme ad alcuni miei amichetti perché non volevamo perderci il tanto preannunciato avvenimento. Ricordo che, appena sceso dalla barca che dalla nave lo aveva trasportato alla banchina, Tammurricchiu, facendosi largo tra la folla di compaesani, amici e parenti che lo attendevano festosamente, scansò tutti, fece qualche passo, imprecò più volte contro qualcuno o qualcosa, si chinò verso terra e la baciò più volte esclamando: «È chista ‘a ‘Merica!». La festa ricominciava …

L’autore, usticese, è socio fondatore del Centro Studi e Documentazione Isola di Ustica.

GLOSSARIO ESSENZIALE

Tammurricchiu, da Tammurinu. Tamburino. Sinnaca. Sindaca. Rissi. Ha detto. Boiacani. Accalappiacani. Abbanniari. Dare pubblico avviso. Bandire. Chiazza. Piazza. Sparmaturi. Spalmatore, contrada lontana dal centro abitato. Toponimo, in uso anche in altre isole per indicare zone ada e per tirare a secco le galere per la «spalmatura», l’operazione con cui si spalmava il sego (sivu) sull’opera viva delle imbarcazioni per renderle più idrodinamiche.

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