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OGGI SU “L’ODDO VOLANTE” MASSIMO MAGGIORE CON  I SUOI TANTI RICORDI USTICESI CHE RITORNANO IN MENTE. “PESO” RIEVOCATIVO DELL’OSPITE? … LA RISPOSTA E’ NEL SUO NOME.


Ancora una volta volentieri nella ormai tradizionale rubrica settimanale ospito un “giovane di ieri”, sfoglia il personale album dei ricordi usticesi Massimo Maggiore che non disdegna comunque una breve incursione nell’attualità isolana; nella sua (ideale) carta d’identità, alla voce <segni particolari> c’è scritto “ha Ustica nel cuore“. Lo conferma quel che segue; al via la nostra “chiacchierata”!

Massimo, in quale circostanza è avvenuto il tuo primissimo impatto con l’isola di Ustica e quali “fermo immagine” ancor oggi, incancellabili, conservi fra i tuoi giovanili ricordi ? 

“È tutt’oggi vivo il ricordo di quando, nel Maggio del 1958, rientrando dagli Stati Uniti, dove mio padre Lillo stava terminando la specializzazione in chirurgia plastica ricostruttiva, il piroscafo su cui viaggiavano mia madre ed io, avevo quasi 8 anni, fece un primo scalo a Palermo; mia madre colse l’occasione per venire ad Ustica a salutare i parenti paterni e così, con tanto calore e gioia, fummo accolti dal nonno Nunzio, zia Concetta, zia Dora, oltre ad altri parenti ed amici. Fu il primo “contatto” a mia memoria ma scoprii che, in realtà, era un “ritorno”: in casa dei miei, infatti, come anche in altre, trovai esposta in mostra una foto della nonna Dorina – sua ultima giacché poi morta nell’ottobre del 1951, che mi teneva in braccio in occasione del mio primo compleanno, davanti ad una bellissima torta di cioccolato.

= Consapevole di provocare una evidente forzatura alla tua memoria, anche per assicurare citazioni che non sempre vengono riportate nelle occasioni che guardano indietro, non posso non chiederti un ricordo del movimentato sbarco all’arrivo a Ustica della vecchia e cara nave dell’epoca.

“Già in quella occasione, come ancora per qualche anno a venire, ho avuto il “privilegio” di vivere lo sbarco, tanto suggestivo quanto anche a volte rocambolesco, che avveniva a mezzo di barche a remi che dalla nave, ancorata al centro della Cala S .Maria, trasportava i passeggeri, ma non solo, alla banchina Barresi: fui particolarmente affascinato nel vedere come anche imballaggi di ogni genere – alimentari e merci varie e addirittura anche animali di grande stazza – venivano calati con i paranchi sulle barche affiancate alla nave. Tra i barcaioli “eroi” di quelle vere imprese, spicca nella mia memoria u’ zu’ Tuture Russo, famoso anche per le sue “ricche” ceste di ricci marini.”

Massimo, da “cresciuto” sicuramente il periodo vacanziero che hai trascorso in ogni estate a Ustica rimane quello più carico di ricordi; dominava la spensieratezza tipica della gioventù … qualche “flashback” in proposito ? 

“Prima della mia adolescenza, in cui poi mi sarei atteggiato a “cresciuto”, ho avuto modo di vivere poche e brevi presenze vacanziere di fine estate – in attesa dell’inizio della scuola, allora il 1° di ottobre; ero ospite della mia cara zia Concetta che, donna di chiesa, ogni mattina mi portava alla prima Messa delle 6 dove mi “improvvisavo” chierichetto dell’allora già epico parroco Padre Carmelo; alla fine della funzione, venivo “premiato” con una vastedda, appena sfornata dal buon Catalano, “cunzata” con olio e sale: una delizia! Negli anni successivi, da “cresciuto e indipendente”, ho vissuto e goduto di una spensierata gioventù usticese: le prime “uscite” avvenivano al Mulino dei Natale dove i padroni di casa, Maria Cristina in testa, con Angela, Delfina, Laura, il piccolo e pestifero Carlo e la ancora più piccola Maria Concetta in passeggino, organizzavano pizziate e balli, premonitori di nuovi fidanzamenti e matrimoni tutt’ora felici; ricordo ancora, con qualche inevitabile nostalgia, le prime serate dancing che si svolgevano al Faraglione che iniziavano alle 22,00 e terminavano a mezzanotte o, eccezionalmente all’una, quando gli “adulti” vi svolgevano manifestazioni mondane o premiazioni per la Rassegna delle Attività subacquee, e noi “piccoli” a sbirciare i “vip” dell’epoca. Appagati comunque, le nostre serate si chiudevano percorrendo la passeggiata alla Rotonda in allegra e ridanciana compagnia – tra questi, particolarmente “vivaci”, ricordo Rosalia Nava, Attilio, Gaetano e Litterio Licciardi; immancabile era la sosta alla grotta dei Colombi.”

=, c’è qualcuno o qualcosa dell’Ustica di ieri che, potendo, trasferiresti volentieri all’oggi? 

“Qualcuno, purtroppo con rassegnazione, è impossibile da riavere, ma auspicherei che quelli che hanno vissuto quell’epoca – gli albori del turismo e l’inizio di un più diffuso benessere – oggi attori e protagonisti della attuale realtà, ritrovino lo spirito propulsore di allora, sostenuto dalla voglia di miglioramento in sinergia con tutte le risorse umane locali: si dia fine alle tensioni e contrapposizioni individuali che allora, anche se forse già esistenti, non percepivo come oggi”.

= a tema isolano senza tempo, c’è una domanda che ti aspettavi ti facessi ma che non ti ho rivolto? 

“Si, domanda:<Quando e perché è iniziata la tua “dedizione” ad Ustica, nonostante i tuoi impegni familiari e lavorativi fossero a mille chilometri di distanza?>” risposta“Ebbene, tutto è riconducibile a mio padre – uomo poliedrico, di sopraffinata intelligenza, innamorato del suo lavoro – chirurgo plastico ricostruttivo, e soprattutto della “sua” Ustica – terra nativa, in cui è stato sindaco dal 1960 al 1966 – e per la quale, si può senza tema dire, è tragicamente morto: nel Maggio del 1972, veniva a votare! Io, ventiduenne, mi sentii investito dal dover occuparmi di quanto in questa amata terra aveva lasciato: confortato dal calore umano che i suoi concittadini gli avevano riservato, dal perenne ricordo del bene che questi avevano da lui ricevuto, anche se con qualche eccezione, non mi sono sottratto né risparmiato. Per quarant’anni la mia vita è stata un continuo andirivieni: ho recuperato la casa di famiglia o avviato iniziative produttive fino alla odierna e ancora “viva” Rosa d’Eventi, meritevole di un particolareggiato racconto per una storia di oltre quarant’anni. Non tutto quindi è stato facile, un po’ per gli ovvi motivi logistici isolani e un po’ più per gli altrettanti noti motivi “ambientali”.

Massimo, è consuetudine che la conversazione con l’ospite si concluda con la sotto-rubrica “Via col … vanto”. Ti trovi nella circostanza di dover appunto “vantare” l’isola di Ustica; quali parole spenderesti?

“Dopo aver vissuto l’isola da bambino, e poi adolescente, nella spensieratezza propria di quegli anni, sono tornato ad approcciare Ustica da adulto con una visione naturalmente critica con gli occhi di chi ha avuto il privilegio di viaggiare nel “mondo esterno”, cogliendone le peculiarità. In Ustica, come altri ovviamente, ho percepito un particolare potenziale, sia per le sue bellezze naturali, il mare e la terra con i suoi “tesori” prontamente visibili o successivamente scoperti o chissà quanti ancora scopribili, quanto anche per le sue risorse umane, capaci di affascinare con calore e generosità, purtroppo spesso individuali: basterebbe, secondo un mio punto di vista, che penso ampiamente condiviso, che i concittadini di questa bella e particolare isola, si unissero in modo sinergico per renderla “meravigliosa”, rinunciando perciò ad ogni individuale tentazione di belligeranza a qualsiasi titolo che, è provato, nulla ha mai prodotto di buono”

Finisce quì e così la bella “chiacchierata” con Massimo Maggiore al quale rivolgo un sentito e doveroso ringraziamento per avere cortesemente accettato il mio invito e concluso insieme un “giro” durante il quale non c’è stato una sola parola che non sia stata piacevole, per me ma sicuramente per tutti i lettori e lettrici, da “ascoltare”; anche se con non poco “amarus in fundo“, assolutamente condivisibile in particolare l’accorato richiamo d’attualità. Ma agli inizi del suo intervento per la verità Massimo il “dulcis“: non lo ha fatto proprio mancare: torte al cioccolato, vastedde e ricci di mare ….

Mario Oddoodmar@libero.it 

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