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Ustica anni ’60 – bambina molto attenta ai movimenti del fotografo, chi è?


Bambina attenta ai movimenti del fotografo

PER MERITO DELLA SCUOLA MEDIA DI USTICA, UN PROGETTO DIDATTICO DIVENTA UN’ IMPORTANTE RICERCA SCIENTIFICA.


I più assidui lettori di Usticasape forse ricorderanno che nel maggio del 2018 abbiamo pubblicato un articolo, riccamente illustrato, in cui rendevamo conto di un progetto didattico-formativo sviluppato nella scuola media “Saveria Profeta” di Ustica da Franco Foresta Martin e dall’insegnante di Scienze Alda Togo, dal titolo suggestivo: “L’Oro Nero della Preistoria”. Per chi volesse rileggerlo, ecco il link: https://www.usticasape.it/i-ragazzi-della-media-di-ustica-alle-prese-con-loro-nero/.

Ora incontro Franco Foresta Martin al quale chiedo di riassumerci il lavoro svolto dai ragazzi della scuola media e, a distanza di due anni, quali risultati sono scaturiti dalla loro interessante ricerca.

In breve, attraverso lezioni frontali e attività laboratoriali, le ragazze e i ragazzi della terza media sono entrati a contatto con l’affascinante mondo della preistoria usticese, scoprendo che, un tempo remoto, quasi tutti gli indispensabili strumenti da taglio e da caccia erano fatti con l’ossidiana, un vetro vulcanico naturale che oggi si può trovare in superficie sui terreni, ormai ridotto in piccoli frammenti. E poichè i vulcani di Ustica non hanno eruttato ossidiana, quella che si trova da noi assume il ruolo di un importante indicatore di commerci e scambi, in quanto era importata da luoghi in cui esistono giacimenti di questo vetro vulcanico”.

Franco, una delle sessioni che più ha coinvolto e appassionato gli studenti è stata la caccia ai frammenti di ossidiana sparsi nei terreni di Tramontana. Puoi rievocare a quale interessante scoperta ha portato questa attività?    “Da Margherita Longo, che, com’è noto, lavora a Tramontana nella sua azienda agricola Hibiscus, sapevamo che ogni volta che viene dissodato il terreno per prepararlo alle colture, emergono alcune minute scaglie di ossidiana, distinguibili dalle altre pietruzze per il loro aspetto nero lucente. Così, grazie all’ospitalità di Margherita, abbiamo organizzato una raccolta da parte degli studenti in un vigneto accanto a Casa dei Francesi. Francamente pensavo che i ragazzi avrebbero trovato una dozzina o poco più di frammenti. Ma grande è stata la mia meraviglia nel constatare che, dopo appena un’ora di ricerca fra le zolle di terreno smosse dall’aratro, i ragazzi hanno raccolto ben 119 frammenti di ossidiana. Si tratta di una concentrazione notevole, rispetto a quella che si riscontra in altri terreni di Ustica, che lascia presupporre l’esistenza di un insediamento preistorico vicino. E dico preistorico perché l’ossidiana nelle epoche successive non è stata più utilizzata grazie alla scoperta e all’uso dei metalli”.

Concluso con successo il progetto didattico, chiedo a Franco di riassumerci di quale studio scientifico è stato oggetto il mucchietto di ossidiane raccolto a Tramontana.
”E’ stata allacciata una collaborazione fra il Laboratorio Museo di Scienze della Terra della Falconiera, di cui sono il direttore, e l’Università di Bari. Le ossidiane sono state analizzate nei laboratori del Dipartimento di Scienze Geoambientali e la loro lontana provenienza, già determinata a scuola dai ragazzi con il microscopio ottico (93 da Lipari e 26 da Pantelleria), è stata confermata in pieno dalle micro-analisi elettroniche. Ma quel che più conta, l’analisi tipologica ha accertato che la stragrande maggioranza dei reperti consiste in scarti di lavorazione e che le tecniche di lavorazione sono attribuibili al Neolitico. Tutti i segni che inducono a pensare a un’attività di scheggiatura dell’ossidiana in loco, forse all’esistenza di un’officina litica. Un risultato interessantissimo, visto che finora le indagini archeologiche nei terreni di Tramontana sopravia avevano portato a descrivere solo frammenti di ceramiche romane e tardo-romane, quindi ben successive all’epoca preistorica”. 

Un intenso, appassionato e coinvolgente lavoro di squadra che ha spalancato prestigiosi spazi internazionali. Franco Foresta Martin, mi hai detto che desideri assegnare in chiusura i giusti onori ai meriti individuali dei ragazzi.
“Ci tengo a citare e ringraziare individualmente tutti coloro che hanno partecipato con entusiasmo a questa avventura scolastica e scientifica: oltre alla brava professoressa Alda Togo, le studentesse e gli studenti: Carlotta Palmisano, Valentina Arnò, Eva Pitruzzella, Clara Palmisano, Sefora Malizia, Diego Zelanda, Bruno di Lorenzo. Ancora, gli altri ricercatori che hanno collaborato allo studio, i professori: Pasquale Acquafredda, Mauro Pallara, Francesca Micheletti e Felice Larocca. Infine a segnalare che il piccolo bottino dei frammenti di ossidiana sarà temporaneamente esposto al Museo della Falconiera, ma a disposizione della Soprintendenza e di altri studiosi, qualora fosse ritenuto utile per ulteriori studi”.

“Insomma  – possiamo concludere – un programma didattico  che è passato dalla scuola ai laboratori scientifici d’avanguardia, diventando ricerca sperimentale e ottenendo anche l’onore della pubblicazione dei risultati in una rivista scientifica internazionale (Open Archaeology, october 2020)”.  Per chi volesse scaricare l’articolo originale in inglese, ecco il link:  https://www.degruyter.com/view/journals/opar/6/1/article-p236.xml

DIDASCALIE:
Mosaico fotografico del lavoro di studio delle ossidiane svolto dai ragazzi della scuola media di Ustica.
Testata dell’articolo scientifico di Franco Foresta Martin e co-autori pubblicato sulla rivista internazionale ‘Open Archaeology’.

Mario Oddo – odmar@libero.it

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